Arte, ultima chiamata per salvare Lastation

Arte, ultima chiamata per salvare Lastation
di Alessandra LUPO
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Mercoledì 28 Ottobre 2020, 12:37 - Ultimo aggiornamento: 22:54

Quella che si aprirà il 30 ottobre, dal titolo Le stanze di Ramdom, potrebbe essere l'ultima mostra nella storia de Lastation. In questi giorni, infatti, tra incontri in Regione, petizioni, prese di posizione del mondo politico e culturale, si sta decidendo il futuro del centro d'arte nato cinque anni fa al primo piano della stazione di Gagliano del Capo.
Il 9 novembre scadrà infatti il contratto di affidamento concesso dalla Regione attraverso il bando Mente locale, che prevedeva il recupero e la riconversione dei beni immobili non più utilizzati delle Sud Est, per scopi sociali, ambientali, turistico-culturali. La questione è ormai nota: a giorni Lastation potrebbe essere costretta a liberare i locali del suo centro perché richiesti da Ferrovie del Sud Est alla Regione Puglia (proprietaria dell'immobile) per farne uno spogliatoio dedicato al personale di servizio sulla rete ferroviaria e automobilistica.
Inutile dire che in ballo ci sono molti aspetti di cui tenere conto: il primo è senza dubbio il peso culturale del centro, tra le realtà più interessanti di Puglia e ormai da anni nei circuiti nazionali dedicati all'arte contemporanea. Un luogo immerso nel territorio in cui opera e di cui ha fatto il punto di partenza: con progetti dal titolo Imaginary Holidays, Indagine sulle terre estreme, Fino alla fine del mare - solo per citarne alcuni -, Lastation (fondata dal direttore Paolo Mele e dall'artista Luca Coclite, entrambi di Gagliano) ha affrontato alcuni dei temi cruciali che trovano nell'isolamento del Sud Salento molto più che un simbolo e una suggestione, applicandoli poi a un discorso esteso all'intero Mediterraneo.

 

Un lavoro ricco di connessioni non scontate tra questo luogo di incontro, scambio e studio con il resto del mondo.
Ma la questione è anche politica e si gioca a cavallo tra due epoche regionali, quella di Nichi Vendola e dei suoi assessori più illuminati come lo scomparso Guglielmo Minervini (allora alla Mobilità e ai Trasporti) e quella di Michele Emiliano, che per sottolineare il valore anche economico della cultura in Puglia, soprattutto di quella cultura inventata in Puglia, ha anche dato alla delega assessorile il significativo nome di Industria culturale. Terzo ma non ultimo aspetto, sono le politiche dal basso, sempre più osannate a vari livelli amministrativi ma non sempre sostenute in maniera programmatica.
Non è un caso che proprio la Fondazione Minervini, nata in memoria dell'assessore che accanto a Vendola realizzò le rivoluzioni in ambito di cittadinanza attiva e politiche giovanili, nei giorni scorsi abbia dedicato alla vicenda un lunghissimo post sui social, accusando Fse di aver deciso la damnatio memoriae di quella lunga stagione di politica generativa.
Nei giorni scorsi l'assessore regionale alla Cultura, Loredana Capone, ha preso in mano la situazione convocando un incontro con Fse il cui esito è stato l'accordo tra le parti di procedere con un primo sopralluogo domani, alla presenza dell'associazione Ramdom, dei tecnici di Demanio e Trasporto pubblico locale, e di Ferrovie del Sud est.
Intanto però qualcosa si muove e il valore del lavoro di Ramdom e delle altre stazioni che a stretto giro rischiano di fare la stessa fine (Naturalmente a Sud di Manduria e Oikos di Otranto), potrebbe finalmente aver rotto il muro di gomma della burocrazia.
Ferme restando le esigenze dell'azienda di trasporti, che con il salvataggio da parte di Ferrovie dello Stato dopo i disastri degli anni scorsi ha un nuovo management deciso a fare le cose per bene e stare nei cronoprogramma di ristrutturazione e rilancio dell'intera rete, da parte dei vertici aziendali ci sarebbe grande consapevolezza del fatto che l'esperienza dei centri culturali all'interno di stazioni e caselli vada salvaguardata e valorizzata. Ma chi dovrà decidere?
«Quel patrimonio non è nostro - spiega Cosimo Chiffi componente salentino del CdA - ma della Regione Puglia e non possiamo decidere autonomamente di andare oltre la funzione che ci è stata assegnata, quella cioè strettamente legata al trasporto. Oggi le nuove Fse dispongono di competenze tecniche e progettuali che potrebbero tornare molto utili per attivare quei processi virtuosi in grado di rilanciare il ruolo delle stazioni, consentendo così agli operatori culturali di concentrarsi sui contenuti, sulle loro attività e non sul recupero infrastrutturale come fatto in passato. Va disegnato però uno schema generale e noi siamo pronti a fare la nostra parte».
In altre parole, spetterebbe quindi alla Regione dare un indirizzo preciso ai beni e investire formalmente di questo compito le Fse. Tanto più che i fondi ci sarebbero. Intanto dal 30 ottobre ci sarà l'occasione di vedere alcuni progetti realizzati a Gagliano negli ultimi 5 anni: Oltre a Mnemoscopio di Emilio Vavarella, ultima entrata nella collezione di Ramdom (prodotta nell'ambito del programma Per Chi Crea Nuove Opere si Siae e Mibact (2018), si potranno rivedere l'opera Parata per il paesaggio di Andreco; En Route to the South parallel migration di Elena Mazzi e Rosario Sorbello; Verderame di Roberto Memoli.
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