Accademia della Crusca, il professor Coluccia dirige la rivista di "Studi di grammatica italiana"

Accademia della Crusca, il professor Coluccia dirige la rivista di "Studi di grammatica italiana"
di Claudia PRESICCE
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Martedì 24 Gennaio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 05:11

La grammatica è per la lingua italiana come il motore di una vettura: se ben carburato fa andare quel mezzo fino in capo al mondo, ma se trascurato, prima o poi, ti abbandona a metà strada. Ecco perché gli studi di grammatica non finiscono mai e, anzi, oggi spingono a cogliere la duttilità straordinaria di una delle lingue più belle del mondo. La grande sfida è ormai diventata cogliere l’uso flessibile dell’italiano. E lo spiega colui che per decisione unanime dell’Accademia della Crusca, dal 1 gennaio 2022 è stato chiamato a dirigere la rivista di “Studi di Grammatica Italiana”: Rosario Coluccia, Ordinario di Linguistica italiana dell’Università del Salento e Accademico ordinario della Crusca dal 2011. 
Coluccia, spieghiamo che cos’è la rivista “Studi di Grammatica Italiana” che dirige dal nuovo volume XLI? «L’Accademia della Crusca ha tre sue storiche riviste: Studi di Grammatica italiana, Studi di Filologia italiana e Studi di Lessicografia italiana, che rispondono agli interessi fondamentali della Crusca, di ricerca e di coinvolgimento del pubblico, di addetti ai lavori e non. In particolare gli Studi di Grammatica italiana nascono nel 1971 con iniziativa di Giovanni Nencioni, l’allora presidente della Crusca e, dopo altre due direttrici, la direzione è arrivata a me nel 2022».
Com’è nata? 
«La rivista nacque per un’idea di Nencioni sull’opportunità di riflettere sulla storia della grammatica, sulle idee grammaticali che nel tempo sono state elaborate sulla nostra lingua e anche sulla centralità dell’insegnamento della grammatica nella scuola, quindi sull’uso dell’italiano dei futuri cittadini. Un tempo lo studio grammaticale poteva essere concepito come un complesso di regole astratte da imparare a memoria, oggi deve essere uno strumento attraverso il quale facciamo arrivare i giovani all’italiano, diffondiamo la conoscenza della nostra lingua. Ed è un’esigenza necessaria oggi, ma che fu fondamentale all’indomani dell’Unità, quando dopo il 1861 l’Italia ha avuto bisogno di raggiungere una unificazione linguistica dopo quella politica. Siamo poi diventati un paese linguisticamente unito solo in tempi relativamente recenti, fino a pochi decenni fa non lo eravamo. E quando Nencioni spinse a riflettere sulla grammatica ancora non tutti possedevano una buona conoscenza dell’italiano».
Oggi c’è forse un processo contrario rispetto a quella corsa alla scolarizzazione: quindi come insegnare la grammatica? Non più dunque con regole da imparare a memoria… 
«È la domanda centrale questa, ma non esiste una ricetta perfetta. Abbiamo capito che il possesso della lingua italiana deve essere lo scopo di questo insegnamento, e che non si arriva imponendo regole astratte come si faceva un tempo. Il metodo deve aiutare a riflettere sugli usi reali della lingua, quelli variabili dell’italiano di oggi, costrutti sulla cui regolarità a volte noi stessi siamo incerti: bisogna capire che in certi contesti possono essere usati, mentre in altri no. Si deve cogliere la differenza tra un discorso colloquiale o in chat e la scrittura di un tema, di una relazione o di un decreto ministeriale che richiedono forme più rigide e corrette in senso tradizionale. L’italiano è una lingua flessibile e segue quindi diversi livelli comunicativi. Poi ci sono ovviamente gli errori reali, quello che è sicuramente sbagliato e che va sottolineato dai professori, ma i costrutti classici non si possono pretendere su un ‘post it’ o su un messaggio al telefono. Il mio suggerimento è usare oltre alla matita blu e quella rossa, anche una matita gialla che può segnalare la variabilità della lingua, laddove non c’è un vero errore come un’H mancante al verbo avere, ma un costrutto adatto a quella situazione e non ad un’altra».
E si può dire che invece di memorizzare le definizioni dal manuale di grammatica si può cercare di imparare l’italiano con un buon libro? Quale autore consiglierebbe?
«Imparare a memoria la differenza tra verbo transitivo e intransitivo e non saperlo usare non serve a niente... Se devo indicare un modello di prosa letteraria agevole, indicherei un autore come Calvino, per una conoscenza dell’italiano di tono elevato. Devo spiegare al ragazzo che non gli chiedo di scrivere il messaggio all’amico con la scrittura di Calvino, ma di conoscere le regole formali per scrivere, ad esempio, anche una mail ad un professore o un testo ad un concorso. Diversi destinatari: diversi modelli».
Quindi l’intuizione della flessibilità è il primo passo per mantenere una forma corretta sempre. 
«Sì, e tornando alla nostra rivista va sottolineato che non si può fare didattica adeguata se non c’è ricerca. ‘Studi di grammatica italiana’ aiuta la riflessione teorica che crea la coscienza della lingua. Capire le fasi della storia linguistica, come sono stati affrontati certi problemi nei secoli precedenti al nostro, o ad esempio capire l’italiano letterario con inflessioni siciliane ricercate da Verga a Camilleri per insaporire il lessico: sono momenti di studio imprescindibili per conoscere le possibilità della lingua, il ruolo diverso e l’intenzionalità di certi costrutti adattabili al alcune situazioni e non ad altre. Trasferire questi concetti all’attività didattica pratica nella scuola e nella società è il senso di questa operazione della Crusca: si fa ricerca e con l’aiuto dei professori si trasmettono i risultati ai giovani». 
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