Uccise il figlio al culmine di una lite: dopo la sentenza, finisce in carcere

Uccise il figlio al culmine di una lite: dopo la sentenza, finisce in carcere
di Maurizio Distante
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Sabato 20 Febbraio 2021, 20:29 - Ultimo aggiornamento: 20:38

Uccise suo figlio 33enne la sera del 26 luglio 2016 a seguito di una lite familiare finita in tragedia: ora dovrà scontare la pena residua di 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione nel carcere di Brindisi per omicidio. I carabinieri della stazione di Latiano hanno eseguito un’ordinanza di carcerazione, emessa dall’ufficio Esecuzione penale della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Brindisi, nei confronti di Cosimo Di Cataldo, 61enne del luogo, già sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.

I fatti che hanno condotto l’uomo in carcere risalgono a circa 4 anni e mezzo fa: l’allora 57enne, stando alle ricostruzioni effettuate all’epoca, era già a letto poco dopo le 23, quando nella sua abitazione di via Francesco Scarafile, nei pressi del campo sportivo comunale di Latiano, giunse il figlio Antonio con l’intenzione di fare una doccia. La moglie di Cosimo e madre di Antonio, raggiunto il figlio in bagno, si accorse della presenza di una pistola portata dal 33enne, circostanza che la spinse ad allertare il marito del pericolo di avere un arma in casa. I timori della donna corsa a svegliare il marito, purtroppo, pare avessero un fondamento: sempre attingendo alle ricostruzioni emerse al tempo dei fatti, il 33enne aveva fatto visita ai genitori per chiedere un’ingente somma di denaro, circa 5mila euro, derivante dalla vendita di un terreno agricolo e ricevuta dalla coppia a titolo di caparra.

Per ottenere il denaro, forse per risultare più convincente, Antonio Di Cataldo si era portato dietro la pistola che, però, durante le fasi più concitate della lite, gli era stata sottratta dal padre che, al culmine dell’azione, ha colpito il figlio, lasciandolo senza vita sul pavimento del garage di casa.

La tragedia che ha travolto l’esistenza del padre della vittima sfugge alle logiche più comuni del dolore: il 61enne chiamò immediatamente il 112 per costituirsi, fornendo alle forze dell’ordine tutti gli elementi necessari a inquadrare la brutta vicenda. Il dolore per la morte violenta, oltre tutto per mano sua, del figlio però potrebbe essere paragonabile al grado di esasperazione che la famiglia aveva raggiunto a causa dei comportamenti e delle azioni del 33enne: le frequenti liti che andavano in scena tra le mura domestiche, spesso riconducibili alle richieste di denaro avanzate da Antonio, erano testimoniate anche dai vicini di casa che non di rado raccoglievano le urla provenienti da casa Di Cataldo.

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