Blitz antiterrorismo della Polizia di Stato nei confronti di una cellula composta da cittadini pachistani che secondo l'accusa operava sia in Italia che in altri paesi europei e collegata ad un network più ampio chiamato 'Gruppo Gabar', a sua volta legato a Zaheer Hassan Mahmoud, il 27enne che a settembre del 2020 attaccò la ex sede del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi, ferendo a colpi di mannaia due persone. Due arresti sono stati eseguiti dalla Digos nella provincia di Brindisi e in quella di Bari.
Le accuse
Sono complessivamente 14 le misure cautelari emesse dal Gip di Genova ed eseguite sia in Italia sia all'estero. L'accusa nei loro confronti è di associazione con finalità di terrorismo internazionale.
Su social video con machete e coltelli
Brandiva machete o coltelli di grandi dimensioni mimando insieme agli altri il "taglio della gola" per strada o dentro abitazioni il capo della cellula terroristica pakistana sgominata dalla Digos e dall'Antiterrorismo. E' quanto emerge da video postati sui social. Spesso appare avvolto da tunica e copricapo neri mentre recita testi inneggianti alla violenza oppure mentre è in compagnia di connazionali. L'inchiesta ha avuto il punto di svolta con il rientro in Italia, nell'aprile dello scorso anno, del principale indagato, il pachistano di 25 anni, già in precedenza domiciliato a Chiavari, dove aveva fatto rientro subito dopo la riammissione dalla Francia, prima di trasferirsi in provincia di Reggio Emilia. Nel Paese transalpino era stato arrestato due mesi prima per porto in luogo pubblico di un grosso coltello. Dalle indagini, coordinate dalla procura di Genova, è emersa una pubblicazione continua di video e post apologetici e violenti riconducibili alla cellula, ramificata in diverse province italiane e in alcuni Paesi europei, riconducibile a un più ampio gruppo di giovani pakistani, auto-denominatosi "Gruppo Gabar ", tutti facenti parte dei contatti diretti dell'attentatore di Charlie Hebdo. Oltre alle manifestazioni di vicinanza all'autore dell'attacco di Parigi, anche lui membro del Gruppo Gabar Francia, e di piena condivisione delle motivazioni che lo avevano indotto a passare all'azione, l'indagine ha consentito di delineare il substrato ideologico/confessionale dei sodali, continuamente protesi a diffondere online dottrine religiose improntate alla violenza e con una forte visione antioccidentale, in piena aderenza alla linea di predicatori che incitano all'uccisione di coloro che si "macchiano" di blasfemia.
Il leader era un rifugiato
Il leader della cellula pakistana sgominata dalla Digos genovese e dall'Antiterrorismo aveva ottenuto lo status di rifugiato in Italia nel 2015. È quanto emerge dalle indagini che hanno portato all'arresto di 14 persone. "Si tratta di una delle operazioni - ha sottolineato Diego Parente capo della Direzione centrale polizia di prevenzione - contro il radicalismo islamico tra le più importanti in Italia. Ha una dimensione europea".