Stipendi più bassi che in busta paga: condannato. E l’imprenditore si sfoga on line

Stipendi più bassi che in busta paga: condannato. E l’imprenditore si sfoga on line
di Maurizio DISTANTE
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Giovedì 19 Maggio 2016, 07:01 - Ultimo aggiornamento: 12:52
Si è conclusa con una condanna in Cassazione l'ultimo grado di giudizio previsto dal nostro ordinamento, la vicenda giudiziaria di Emio Catanzaro, imprenditore di Latiano operante nel ramo dei supermercati. L'uomo dovrà scontare, secondo quanto stabilito dai giudici del Palazzaccio di Roma, sei anni di reclusione per il reato di estorsione continuata in ambito lavorativo.

La storia di Catanzaro è cominciata diversi anni fa, quando è stato per un certo periodo amministratore delegato di una società denominata Eureka, della quale facevano parte anche altri membri della sua famiglia, tutti impegnati nella gestione degli affari. La Eureka era una società che gestiva diversi piccoli supermercati della zona di Guagnano, dove si trovava la sede della ditta: i Catanzaro non hanno fondato la Eureka ma l'hanno acquisita dai precedenti proprietari. Proprio la prosecuzione di alcune pratiche che sarebbero state ereditate dalle passate gestioni, secondo i difensori dell'imprenditore, sarebbero alla base dei guai di Catanzaro: i giudici, infatti, nei tre gradi di giudizio, l'hanno sempre riconosciuto colpevole del reato contestatogli. E Catanzaro si è sfogato sul web, scrivendo: «Saluto tutti e con la testa alta affronto questa ingiustizia».
In soldoni, l'uomo è stato condannato per aver retribuito alcuni suoi dipendenti con una somma inferiore rispetto a quella che appariva sulla busta paga da far firmare ai dipendenti. Proprio la denuncia di alcuni impiegati al servizio di Catanzaro ha dato il via alle peripezie con la giustizia dell'imprenditore: tre ex dipendenti si sono costituiti parte civile nel procedimento contro l'uomo. Durante la fase d'indagine, poi, sarebbero emersi nuovi casi rispetto a quelli riguardanti i denuncianti che avrebbero contribuito a far lievitare la pena a causa della continuazione del reato.
Catanzaro, da par suo, ha dichiarato di essere una vittima del sistema e, ora, è in attesa della notifica dell'ordine di carcerazione che aprirà per lui le porte della casa circondariale di Brindisi. Le sentenze dei tre gradi di giudizio hanno mantenuto un'uniformità che dovrebbe lasciare spazio a pochi dubbi sulla ricostruzione della vicenda: sia il giudice di primo grado del tribunale di Campi Salentina, sia quello della Corte d'Appello di Lecce che, in ultimo, quello della Cassazione, a Roma, hanno concordato sulla colpevolezza dell'imprenditore che si è lasciato andare a uno sfogo sul suo profilo Facebook, mosso dal dolore della separazione forzata e imminente dalla moglie e dalle sue due figlie.
Catanzaro è molto noto in paese sia per la sua attività imprenditoriale che per quella politica: è stato, a cavallo tra gli anni '80 e '90, assessore e consigliere comunale, ricoprendo da protagonista i ruoli affidatigli. La pena che i giudici hanno ritenuto di infliggergli è stata molto pesante: quello che lo aspetta, ora, è una cella del carcere di Brindisi, che sarà la sua casa per i prossimi sei anni, fatti salvi sconti di pena di varia natura.
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