Stalking aziendale. Un capo squadra di una impresa di raccolta e smaltimento di rifiuti è stato condannato a due anni e quattro mesi di reclusione con l'accusa di avere perseguito un dipendente. Agendo con abuso di autorità e di relazioni d'ufficio nella sua qualità di soggetto gerarchicamente sovraordinato. Bullizzato si sarebbe detto se il contesto fosse stato quello degli adolescenti. Ed invece - ha stabilito il processo istruito dalla giudice della sezione penale del Tribunale di Brindisi, Adriana Almiento - si è trattato di molestie sul luogo di lavoro. Fra queste anche l'avere impedito al dipendente di trasportare i rifiuti nella discarica di Modugno, privandolo per questo dell'indennità di trasferta. Ed anche collocandolo d'ufficio in un altro Comune e per questo sottoponendolo a spese mensili di oltre 400 euro.
Al lavoro non per essere umiliati
«Spero possa incoraggiare altri miei colleghi, su altri cantieri anche di altre aziende, a denunciare episodi simili», il commento della sentenza del dipendente che diede il via al procedimento penale con la denuncia-querela presentata quattro anni fa con l'avvocato Silvio Molfetta. «Perché andiamo al lavoro per mantenere le famiglie e non per essere umiliati».
Tra gli episodi più significativi emersi nel corso del processo quello in cui il dipendente fu etichettato cogl... nella bacheca aziendale per essere deriso e sminuito agli occhi dei colleghi.
E ora si attende il risarcimento
La sentenza ha inoltre riconosciuto al netturbino una provvisionale di 5.000 euro, mentre il risarcimento del danno complessivo sarà quantificato dal processo civile. Tre mesi il termine indicato dalla giudice del processo per depositare le motivazioni della sentenza che saranno analizzate dagli avvocati difensori Orazio Vesco ed Antonio Trevisi per valutare di ricorrere in appello. Anche perché l'imputato si è sottoposto all'esame in aula respingendo le accuse e sostenendo che a tenere un comportamento quasi provocatorio, fino all'esasperazione, del suo ex sottoposto. Un'altra verità ha raccontato, anche lui in aula, il dipendente, sostenendo di avere subito arbitrariamente continui richiami, ammonizioni, sanzioni disciplinari e contestazioni in conseguenza delle segnalazioni, distorte, inoltrate dal capo squadra all'azienda. E - ha raccontato ancora - quel clima lo fece vivere nel timore di subire il licenziamento.
Un comportamento che ha configurato il reato di stalking, ha detto la sentenza di primo grado. E connotato da una gravità valutata con un diverso metro da giudicante e requirente: il vice procuratore onorario, Sergio Bonatesta, ha invocato la condanna ad un anno di reclusione, a fronte dei due anni e quattro mesi della sentenza.
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