Sanità, il cardiologo dell'ospedale Perrino accusato dai colleghi

A gennaio dell’anno scorso scoperti in casa e “bloccati” 199mila euro, poi restituiti

Sanità, il cardiologo dell'ospedale Perrino accusato dai colleghi
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 31 Ottobre 2022, 21:33 - Ultimo aggiornamento: 21:34

Il medico che negli ultimi anni ha impiantato sui pazienti del reparto di Cardiologia dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi il maggiore numero di dispositivi come gli stent coronarici ed altri: il dottore Domenico Palmisano, 54 anni, originario di Ceglie Messapica, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione mercoledì della scorsa settimana. Il dato si trova nell’ordinanza di custodia cautelare della giudice per le indagini preliminari, Vilma Gilli, nella valutazione dell’inchiesta del pubblico ministero Pierpaolo Montinaro e dei carabinieri del Nas che ha preso in considerazione sia le dichiarazioni dei colleghi del reparto che i riscontri documentali: 549 pezzi nel 2020, pari al 37,8 per cento del totale dell’intero reparto. E ancora: nel 2017 furono 459 su 719, il 63,8 per cento.

Le accuse

Fra le contestazioni anche quella di non avere seguito la prassi di compilare i report, adottata in reparto alla luce delle anomalie sui consumi degli stent e di avere continuato a trattare personalmente con i fornitori anche dopo l’adozione nel 2020 dell’accordo quadro che, attraverso le gare Consip, ridusse il costo di uno stent da 1.000 a 200 euro.

Accordo quadro sollecitato nel 2018 dal primario Gianfranco Ignone ed applicato dalla Asl solo due anni dopo. Il primario Ignone ascoltato pi dai carabinieri del Nas che, fra le altre cose, ricordò che sì è vero che il dottore Palmisano usasse più stent coronarici ma è vero anche che abbia effettuato un numero di interventi di gran lunga maggiore rispetto agli altri medici dello stesso reparto.

Le carte

Nelle carte dell’inchiesta si parla anche dell’installazione dei dispositivi anche quando non necessari, della prassi dell’apertura delle confezioni senza usare lo stent e della morte di un paziente. Circostanza- quest’ultima- che la giudice Gilli ritiene suscettibile di approfondimenti attraverso una consulenza medico-legale. Infine nelle carte dell’inchiesta si parla delle perquisizioni del 19 gennaio dell’anno scorso in casa del dottore Palmisano e dei quattro imprenditori anche loro finiti ai domiciliari (saranno interrogati in settimana), Massimo Gabriele (Bari), Domenico Brunetti (Mola di Bari), Andrea Tantalo (Matera) e Davide Lazazzara (Acquaviva delle Fonti): nell’abitazione del professionista furono trovati 199mila 350 euro dei quali - riporta questo l’ordinanza - l’indagato non diede giustificazioni sulla provenienza, tuttavia il Tribunale del Riesame accolse la tesi della difesa sulla mancata attinenza al reato di corruzione e restituì la somma all’indagato.

Un quadro che venerdì prossimo o al massimo martedì della prossima settimana sarà valutato con una prospettiva diversa e più ampia dalla terna dei giudici del Tribunale del Riesame di Lecce poiché gli avvocati difensori Roberto Cavalera e Vito Epifani hanno presentato ricorso per chiedere l’annullamento della misura. Un quadro che valuterà sia le intercettazioni telefoniche acquisite anche attraverso il software trojan installato sugli smartphone degli indagati per captare dialoghi, messaggi e qualsiasi altra attività, che del rapporto di stretta confidenza stretto dal dottore Palmisano con gli altri indagati.

Le intercettazioni

Nella decina di intercettazioni anche quella del fruscio e della voce del medico che conteggia qualcosa, denaro secondo l’accusa. Corruzione? Contesta questo l’inchiesta avviata dopo l’ascolto di alcuni medici del reparto di Cardiologia che hanno sostenuto l’utilizzo smodato del dottore Palmisano degli stent coronarici: «Dal mio report emergeva che Palmisano nel mese di dicembre 2019 aveva utilizzato 93 stent con una media di 2,8 stent a paziente», ha raccontato uno dei cardiologi agli investigatori. «Personalmente ho utilizzato 24 stent con una media di 1,6 a paziente e il dottor...con una media di 1,8 a paziente. In particolare ricordo l’episodio di una ventina di stent in scadenza, tirati fuori ed impiantati nel giro di pochi giorni». Lo stesso medico ha fatto presente le conseguenze sul paziente di uno stent impiantato senza che una reale necessità: «Si crea malattia», perché il paziente è costretto ad assumere farmaci antiaggreganti. In questo ambito è stato citato anche il caso di un paziente deceduto dopo tre giorni e ne ha parlato la giudice dell’ordinanza in quelle che ha definito prove orali «che verosimilmente richiederanno un approfondimento tecnico». Nessuna certezza del nesso causale fra l’impianto di stent ed il decesso, dunque.

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