Autorizzata la riconversione a gas della centrale Enel di Brindisi. Ma il progetto ormai è superato dalle rinnovabili

Un rendering del progetto di riconversione della centrale autorizzato dal ministero
Un rendering del progetto di riconversione della centrale autorizzato dal ministero
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Domenica 29 Gennaio 2023, 05:00

È arrivato nelle scorse ore, in maniera del tutto inattesa, il decreto di compatibilità ambientale per il progetto di “sostituzione delle unità a carbone esistenti con nuove unità a gas presso la centrale termoelettrica di Brindisi sud Federico II”. Si tratta, in buona sostanza, della riconversione a gas della centrale Enel di Cerano.

Lo stop del gestore della rete elettrica

Progetto che, tuttavia, era stato messo da parte perché Terna, il gestore della rete, ha ritenuto inutile per la stabilità della rete elettrica nazionale la realizzazione della nuova centrale a turbogas, sia con la capacità produttiva prevista dal progetto iniziale che con quella dimezzata emersa proprio durante l’iter della Valutazione d’impatto ambientale.

L'iter che non si è comunque fermato

Il procedimento, tuttavia, è andato avanti e si è chiuso proprio nelle scorse ore con il decreto di compatibilità ambientale che ha sancito la conclusione positiva della Via. Ora, la società ha - almeno in teoria - cinque anni di tempo per avviare il cantiere per la realizzazione della nuova centrale a gas. Che va riprogettata, comunque, rispettando le prescrizioni della commissione Via, del ministero della Cultura e dell’Istituto superiore di sanità. Tra queste, la redazione annuale di una relazione sulla quantità di emissioni di Co2; la realizzazione di un sistema di monitoraggio in continuo dell’ammoniaca e la implementazione delle centraline della rete di qualità dell’aria con strumentazioni per il controllo anche del Pm2.5; la riduzione del numero dei pozzi di emungimento delle acque; la progettazione di interventi per mitigare i rischi conseguenti a inondazioni da maremoto; l’effettuazione di uno studio epidemiologico a coorte storica; realizzare interventi di riqualificazione ambientale delle aree liberate.

Il progetto “dimezzato”

Il progetto, nella sua seconda e definitiva versione, redatta su richiesta del ministero, prevedeva una sola unità a gas, invece delle due inizialmente previste, per una potenza massima di 840 contro i 1.680 megawatt elettrici del progetto originario. Tra le richieste di integrazione della commissione Via, durante l’iter autorizzativo, c’era infatti anche quella di verificare le possibili alternative tecnologiche “che compendino l’opportunità di conservare la produttività del sito, incrementandone l’efficienza, e la compatibilità ambientale dell’opera in un’area già pesantemente condizionata dall’attività in esercizio”. Il nuovo progetto prevedeva l’installazione nell’assetto finale di un ciclo combinato “composto da una turbina a gas e una caldaia a recupero che si collegano ad un’unica turbina a vapore, posizionata all’interno di una nuova sala macchine in prossimità della nuova caldaia a recupero, in modo da ottimizzare il percorso delle tubazioni vapore e quindi le prestazioni e l’efficienza dell’impianto”. L’intervento, sulla base delle nuove previsioni, avrebbe dovuto essere “articolato in due fasi di realizzazione: la prima prevede l’installazione dell’unità in ciclo aperto (solo turbina a gas con camino di by-pass), a cui potrà seguire la seconda fase, che prevede l’installazione del generatore di vapore a recupero e della turbina a vapore e, quindi, la chiusura dell’impianto in ciclo combinato”.

I dubbi sul futuro

Dopo la redazione del nuovo progetto, tuttavia, era arrivato lo stop da parte di Terna, che nell’ambito delle aste per il “capacity market”, aveva ritenuto non necessaria la presenza di una nuova centrale a gas a Brindisi, decretando di fatto la fine della vita della “Federico II”, che dovrebbe spegnersi entro il 2025 mentre il sito sarà dedicato alle energie rinnovabili.

Sempre che il decreto di compatibilità ambientale non sia un segnale del fatto che i programmi, almeno da parte del governo, sono cambiati. Come del resto avevano chiesto più volte i sindacati.

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