Provincia di Brindisi, voglia di dimissioni. Ente senza più risorse: a rischio stipendi e gasolio per le scuole

Provincia di Brindisi, voglia di dimissioni. Ente senza più risorse: a rischio stipendi e gasolio per le scuole
di Sonia Gioia
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Lunedì 14 Dicembre 2015, 16:59 - Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 10:26
La misura del momento la danno dichiarazioni del tipo: «Stiamo approvando un bilancio striminzito, rischiamo di non potere riscaldare le scuole e di lasciare i dipendenti senza stipendio. Non me la sento di attaccare nessuno… dimettiamoci in massa, dobbiamo dare un segno». Parla Bebè Anglani, il consigliere-assessore della Provincia di Brindisi, non certo un uomo di centrosinistra. Brindisi potrebbe diventare l’avamposto di rivolta alle strettoie con appendice di contraddizioni del decreto Delrio e della legge di stabilità, dall’ultima riunione dei capigruppo è stata partorita la decisione di dare la sveglia agli enti provinciali di tutta Italia, tutte con lo stesso cappio al collo.

La prima ad aderire è stata Foggia con il vice presidente Rosario Cusmai, ma lunedì prossimo la proposta promette di diventare virulenta. È all’inizio della prossima settimana infatti che si tiene la riunione nazionale delle Province, appuntamento a Roma. Poi si vedrà.

Il primo a lanciare l’aut aut di massa è stato Maurizio Bruno, il presidente in persona. Ma la proposta si è diffusa a macchia d’olio in tutta la penisola nel breve volgere di pochi giorni. «Lunedì ci incontriamo a Roma, per capire cosa accade sulla legge di stabilità, per capire a che punto sono le richieste che abbiamo avanzato al governo nazionale. Certo è che così non possiamo andare avanti, dal primo gennaio avremo difficoltà per i pagamenti del personale impiegato nelle funzioni cosiddette non fondamentali e non potremo garantire nemmeno i servizi essenziali».

Bruno trattiene il fiato, e come un moto di rabbia, poi sbotta: «Stiamo parlando di cose come le problematiche inerenti audiolesi, i trasporti per i portatori di handicap. Il riscaldamento nelle scuole, capito come?». Tutto chiaro. Da qui la proposta choc di rinunciare al ruolo. Di risolvere con una prova di forza le contraddizioni censurate persino da un recente pronunciamento della Corte costituzionale, che ha ribadito il principio elementare secondo cui laddove ci sono le funzioni devono esserci anche le risorse.

E allora ciao, tutti a casa. La proposta di mollare in masse è stata discussa in Upi, che è l’Unione che raccoglie le Province italiane. Agli amministratori provinciali sembra non essere rimasta altra chance per dare una scossa al governo nazionale e ai governi regionali. Bruno su questo fronte non ha riguardi, né potrebbe, nemmeno nei confronti dell’amico compagno di partito e di fronda, Michele Emiliano. «La Regione deve decidersi – sempre il presidente, a voce alta -, stabilire funzioni e garantire risorse. Se non lo farà, di certo non ci sono le condizioni per proseguire questa esperienza», governatore avvisato.
«Non so nulla di questa proposta, né sono stato invitato a riunioni di capigruppo o simili. Forse da quando ho espresso ad alta voce il mio dissenso hanno perso numeri di telefono, mail», caustico come sempre il numero uno dei dissenzienti, il socialista Domenico Tanzarella, che tuttavia accoglie la proposta delle dimissioni di massa con favore.

«Nel merito penso tuttavia che la Delrio non funziona, non funziona affatto, l’ho detto pubblicamente in consiglio provinciale e finalmente adesso escono fuori tutti, meglio tardi che mai. Certo è che, non sono i consiglieri provinciali i primi a dover rassegnare dimissioni, ma si deve dimettere il presidente, è sufficiente per ottenere il risultato».

Adesso bisognerà contarsi, e vedere che succede. La sommossa è iniziata e l’obiettivo resta incerto come la riforma che cancella ma, al momento al momento, non trasferisce con chiarezza le competenza circa i servizi da erogare.
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