Fece esplodere la cascina per intascare la polizza: morirono tre vigili del fuoco. La Procura chiede la condanna a 30 anni di carcere

Fece esplodere la cascina per intascare la polizza: morirono tre vigili del fuoco. La Procura chiede la condanna a 30 anni di carcere
di Danilo SANTORO
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Mercoledì 13 Gennaio 2021, 09:44

Ha chiesto scusa ai familiari delle vittime, in lacrime. Confermando che non voleva uccidere. Davanti ai giudici della Corte di Assise d'appello Giovanni Vincenti, originario di Ostuni ed imputato per la morte di tre vigili del fuoco, ha reso dichiarazioni spontanee in merito ad una vicenda, che nel novembre del 2019 scosse l'Italia intera. Trent'anni di reclusione: queste le richieste del pubblico ministero per lui e la moglie Antonella Patrucco durante l'udienza che si è svolta nel tribunale di Alessandria. Secondo la ricostruzione delle forze dell'ordine la coppia organizzò l'esplosione di alcune bombole all'interno di una cascina a Quargnento, in provincia di Alessandria, per incassare il premio dell'assicurazione. Un piano studiato con l'obiettivo di recuperare somme destinata a coprire dei debiti pregressi. Un piano cruento. Senza possibilità di salvezza per i tre vigili del fuoco che, intervenuti per domare le fiamme, trovarono la morte in quelle campagne dell'Alessandrino. Ed ora la giustizia è pronta a presentare il conto alla coppia, con la richiesta del procuratore della repubblica di Alessandria Enrico Cieri di 30 anni di carcere.

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Giovanni Vincenti in Piemonte è cresciuto ed avviato una serie di attività nel settore turistico.

Il padre camionista anni fa lasciò Ostuni. Debiti, investimenti sbagliati ed il tentativo di truffare l'assicurazione, con l'esplosione volontaria della sua cascina nel Monferrato: un susseguirsi di scelte e condotte professionalmente ed umanamente errate, costate anche la vita a tre persone. E così dietro l'esplosione della cascina, ed il tentativo di incassare il premio dell'assicurazione, 1,5 milioni di euro, c'è una storia di alterne fortune lontano dalla sua terra natìa, quella Puglia e la città di Ostuni, dalla quale anni fa la sua famiglia era partita. Un legame con la Città Bianca, per Vincenti, che negli anni si era comunque ristretto a circostanze occasionali. L'impegno nel settore del turismo aveva comunque permesso all'uomo di conservare qualche amicizia. Rapporti professionali in alcuni casi, derivanti dalla sua attività anche tramite il web, che hanno portato il 55enne ad avere occasioni di confronto con esperti dell'Alto Salento.

Per quanto avvenuto nell'autunno del 2019, pochi mesi fa a settembre per Vincenti e la donna è giunta una prima condanna per esplosione dolosa, truffa all'assicurazione e lesioni. Erano stati assolti dall'ipotesi di calunnia. Ora però sono accusati della strage avvenuta nella notte tra il 4 ed il 5 novembre del 2019. Il procuratore ha ribadito la richiesta della stessa pena per entrambi i coniugi: «Perché hanno avuto, tutti e due, la possibilità di impedire la morte dei tre vigili del fuoco». Richieste che a margine dell'udienza hanno trovato anche l'amarezza parziale di alcuni genitori delle vittime. «Trent'anni sono pochi, non ci sembra giusto, avremmo preferito l'ergastolo», le mamme di Antonio Candido e Marco Triches, due delle vittime di Quargnento. «I morti sono tre, sarebbe stato più giusto chiedere trent'anni per ognuno», hanno aggiunto. Attesa ora per quella che sarà la decisione della Corte, con la sentenza che potrebbe arrivare forse già in una delle prossime udienze.

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