Movida incontrollata, Roma: «A Brindisi servono equilibrio e regole»

Movida incontrollata, Roma: «A Brindisi servono equilibrio e regole»
di Oronzo MARTUCCI
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Venerdì 8 Luglio 2022, 05:00

«Dopo due anni di chiusure e di limitazioni collegate alla pandemia vi è una grande voglia di divertirsi stando nelle piazze, ma questa voglia di divertimento non deve farci smettere di essere prudenti. Sarebbe stato opportuno anche pensare a un diverso modello di turismo, invece non è cambiato nulla e la ripartenza ha fatto ritornare prepotentemente lo spontaneismo che porta con sé opportunità per gli operatori economici insieme a impatti negativi, come la movida incontrollata nei centri storici e in genere nelle aree urbane»: Giuseppe Roma, nativo di Brindisi con padre ostunese, docente universitario, presidente della Rur (Rete urbana delle rappresentanze) nata su iniziativa del Censis (di cui Roma è stato a lungo direttore generale) e vice presidente nazionale del Touring club, pone l’attenzione sulla necessità di un turismo sostenibile, «perché sarà quello il modello del futuro, non il chiasso e la sporcizia che deturpano i centri storici».

Professore Roma, cosa bisogna fare per evitare tale degrado e il rischio che il turismo da opportunità di crescita di una comunità si trasformi in un fattore negativo?
«La voglia di divertirsi all’aperto, perché garantisce più sicurezza personale, mal si concilia con il decoro dei luoghi, con la pulizia e con la quiete pubblica».

Gli schiamazzi e la musica ad alto volume sino a tarda notte non aiutano il nuovo modello?
«Non sempre è un bene massimizzare i profitti a breve. Se affitti un balcone per dormire fai soldi, da privato fai soldi ma crei disagi. Dopo mezzanotte ogni eccesso diventa insostenibile per quanto riguarda l’equilibrio che deve esistere tra diritto dei commercianti a fare impresa e diritto dei cittadini residenti nei centri storici e nelle zone abitate al giusto riposo. Tocca alle amministrazioni pubbliche definire regole certe e controlli adeguati per fare in modo che questo equilibrio venga rispettato e garantito, nell’interesse di tutti. Anche degli stessi turisti. Bere birra non è un reato, ma deve stare all’interno di regole. Ballare è un divertimento ma non deve provocare fastidio. Proporre musica da discoteca ad alto volume nei centri storici provoca solo degrado».

Dunque, è necessario equilibrio.
«Tutto deve avvenire all’interno di compatibilità spaziali e temporali. Le piazze vanno vissute, ma se vi è chi pensa solo al fatturato è necessario ci sia anche chi pensa ai costi sociali e ambientali. La mia non è una valutazione moralistica, ma l’equilibrio è conveniente per tutti. Come è accaduto con la pedonalizzazione di alcune aree. Spesso i commercianti hanno contestato tali scelte, perché pensavano di perdere fatturato. Poi si sono accorti che se vi è decoro i clienti e il fatturato crescono.

Se alimenti un turismo che attira venditori di paccottiglie…».

Come si costruisce quell’equilibrio, che è ricchezza, al quale lei fa riferimento?
«Attraverso un patto tra gli operatori e gli enti locali per fare in modo che ognuno abbia il suo spazio, attraverso regole che contemperino le esigenze di tutti. Bisogna sempre ricordare che avere in testa solo i numeri non aiuta. Neppure il pil pro capite cresce con il turismo fatto solo di movida e di B&B o di affittacamere. Di più: questo tipo di turismo non ha bisogno e non crea risorse umane di eccellenza e quindi non crea pil. Lo spontaneismo non è un valore aggiunto e non è certo un modello che si può utilizzare in Valle d’Itria o nelle città della Costa dei trulli. A Ostuni, Cisternino, Locorotondo, Fasano, Monopoli e Martina Franca i comportamenti che portano degrado sono il presupposto per un declino dell’economia turistica».

Esistono modelli da seguire?
«In Toscana vi è un turismo molto diffuso, ed è il turismo che attrarrà sempre di più nei prossimi anni. Il popolo della movida, se è una movida senza regole, porta con sé situazioni sgradevoli. Senza criminalizzare chi fa impresa, la parte pubblica deve saper incentivare nuove forme di turismo, salvaguardando i centri storici. Se vi è degrado, se vi sono schiamazzi, se i residenti non riescono a vivere in condizioni accettabili e scappano, i centri storici si svuotano e diventano musei. In questo modo il vantaggio competitivo delle nostre zone di valore sparisce. Il Salento, in particolare il Nord Salento, è l’alternativa al turismo di massa di Rimini. Se perde la sua unicità, se si snatura, il futuro diventa a rischio. Bisogna saper scegliere».

In che senso?
«Bisogna saper scegliere tra una botta e via e una politica di accoglienza che invogli al ritorno, al secondo viaggio. Si può venire la prima volta per il turismo balneare. E pensare a tornarci per vedere e vivere altre esperienze. In Piazza Navona, a Roma, si lavora per catturare il turista, soprattutto straniero, che passa una sola volta e scompare. Parlare di qualità del cibo in quel contesto è difficile. Il turismo della Puglia e quello del Nord Salento devono impegnarsi a far tornare le persone: grazie alle esperienze vissute nel primo viaggio, grazie al buon cibo, grazie a piazze che sono vivibili, salotti in cui si può chiacchierare in libertà, non discoteche in cui prevale il frastuono. Far affezionare il cliente a un posto è la prima forma di marketing da utilizzare».

Professore Roma, un messaggio da esperto?
«Vi è una ecologia sociale che va di pari passo con quella ambientale. E bisogna tenerne conto. Assecondare comportamenti inappropriati nei luoghi e nelle ore notturne provoca solo danni. Ai gestori di attività commerciali ricordo che a ogni azione corrisponde una reazione. Se snaturi il dna dei luoghi, se alteri l’equilibrio che regola la vita dei centri storici può accadere che fai affari, ma l’anno successivo ti può ritrovare senza clienti».

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