«Migranti, business per la criminalità»

Migranti in arrivo alle banchine di Sant'Apollinare
Migranti in arrivo alle banchine di Sant'Apollinare
di Nicola QUARANTA
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Giovedì 3 Marzo 2016, 10:44
BRINDISI - Scu 3.0: ritornano le affiliazioni, avanzano le nuove generazioni e mutano gli equilibri attorno alla gestione degli affari e al controllo delle attività criminose nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. E tra gli affari da brivido spunta anche la gestione degli sbarchi dei profughi. Tanto emerge dalla relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. E tanto basta per fotografare la progressiva trasformazione della Sacra corona unita da organizzazione tendenzialmente verticistica - come era almeno nelle aspirazioni originarie dei suoi fondatori e come per qualche tempo si è mantenuta - ad organizzazione “reticolare”, nella quale sono frequenti, soprattutto per effetto dell’azione di contrasto efficacemente posta in essere dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e dalle forze di polizia operanti sul territorio, i passaggi a un gruppo ad un altro e le riorganizzazioni dei sodalizi.

Un quadro, peraltro, anticipato dalla stessa commissione antimafia nel corso della recente tappa in Salento, anche per quanto attiene il rischio “infiltrazione” nella pubblica amministrazione: «Con riguardo ai rapporti con rappresentanti delle istituzioni politico – amministrative, una costante di tutte le organizzazioni operanti nel distretto di Lecce è, attualmente, quella dell’attenzione ai rapporti con le amministrazioni pubbliche e con i rappresentanti del mondo politico, all’evidente scopo di accreditarsi quali interlocutori degli amministratori, accrescere il proprio prestigio sociale - e quindi il consenso che ne deriva - e trovare una via di inserimento nell’ambito delle attività imprenditoriali connesse a quelle della Pubblica Amministrazione». Un capitolo aperto, dunque, al vaglio tanto dei magistrati quanto della Commissione.

Altro capitolo la ripresa della ritualità delle affiliazioni, già segnalata dalla Dna nella relazione dello scorso anno, con la vecchia liturgia ed il rispetto delle vecchie regole. Così torna ad avere valenza anche la giornata del sabato. destinata al rito del “movimento”): «Verosimilmente - spiega la Dna - conseguente all’esigenza di rafforzare un vincolo che diversamente sarebbe assai tenue per la mancanza di una storia».

A Brindisi l’associazione appare saldamente strutturata intorno ai due gruppi nei quali si articola ormai sin dal 1998, vale a dire la componente mesagnese facente capo ad Antonio Vitale, Massimo Pasimeni e Daniele Vicientino e quella tuturanese che si rifà allo storico fondatore Giuseppe Rogoli, a Salvatore Buccarella e a Francesco Campana, attuale capo indiscusso. I conflitti del passato tra le due frange dell’associazione appaiono tuttora, come negli ultimi anni, accantonati, in nome degli affari. Va detto, peraltro, che la capacità operativa della componente mesagnese risulta gravemente compromessa dalla collaborazione con la giustizia di due suoi esponenti di vertice, quali Ercole Penna (che avviò la sua collaborazione nel 2010) e Francesco Gravina (che ha adottato la medesima decisione nel 2014).

Un vuoto che pian piano starebbe spingendo ai vertici le nuove leve: droga e estorsioni gli affari preferiti. Bigliettino da visita? A Brindisi e provincia si sono registrati 137 incendi di autovetture, numero più alto del 35% rispetto ai 102 dell’anno precedente la cui logica interpretazione è quella di un’attività intimidatoria tesa ad affermare la capacità criminale delle organizzazioni sul territorio. Sos omertà: nel distretto di Lecce la Dna coglie i segnali di un’allarmante modifica del rapporto della società civile con la criminalità mafiosa, cui consegue una crescente sottovalutazione della pericolosità di tali organizzazioni che determina la caduta verticale della riprovazione sociale nei confronti del fenomeno, con conseguente utilizzazione dei “servizi” offerti dalle organizzazioni criminali o dai singoli associati. È stato, infatti, accertato attraverso le indagini un’accettazione e condivisione di logiche criminali e mafiose, con conseguente legittimazione per i clan, abbassamento della soglia di legalità e, nella sostanza, il riconoscimento di un loro ruolo nel regolare i rapporti nella società civile in una prospettiva della loro definitiva sostituzione agli organi istituzionali dello Stato.

 
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