Melissa Bassi: a dieci anni dalla tragedia il ricordo di sindaco e prefetto

Mimmo Consales e Nicola Prete
Mimmo Consales e Nicola Prete
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Giovedì 5 Maggio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 18:55

Impossibile dimenticare. Nonostante i dieci anni passati e nonostante il ritorno alla vita “normale”. Impossibile dimenticare lo sconcerto, il dolore, la paura di una intera comunità dopo l’esplosione della mattina del 19 maggio 2012, di fronte all’istituto “Morvillo Falcone”, che si prese la vita della giovanissima Melissa Bassi e ferì tante ragazze che proprio in quel momento, come la loro compagna, stavano entrando a scuola. Impossibile per le vittime e per chiunque fosse direttamente o indirettamente coinvolto. Ma anche per chi, proprio in quei giorni, rappresentava lo Stato e le istituzioni.

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Il prefetto

A partire dall’allora prefetto Nicola Prete. «Quei giorni - ricorda - sono rimasti impressi nel cuore di ognuno di noi.

Un dolore che non si cancella, perché vedere una giovane vita stroncata in quel modo non può lasciare indifferenti. E neanche il passare del tempo lenisce quel dolore». Di ricordi legati a quella tragedia, dice, ce ne sono tanti. «La prima telefonata che ricevetti - rievoca - fu quella del comandante dei carabinieri, il colonnello Ugo Sica, che chiamò per avvisarmi che era successa una cosa gravissima. Allora, subito, mi precipitai sul posto e vidi quelle immagini che tutti noi ricordiamo. Mai avrei immaginato di vivere un momento così tragico e sconvolgente. Per giunta, in quel momento non si sapeva quante fossero le vittime. Una era sicura ma in ospedale, in gravi condizioni, c’erano anche altre ragazze che io andai a trovare più volte in quei giorni». L’accaduto arrivò immediatamente sulla ribalta nazionale.

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Le chiamate

«Subito - prosegue - si scatenò il tam tam delle notizie. Ricevetti moltissime telefonate. Mi chiamò il ministro dell’Interno Cancellieri e anche il presidente del Consiglio Mario Monti che in quel momento era a Camp David per un incontro con il presidente degli Stati Uniti. Poi, mano a mano, tutto il mondo politico e istituzionale».
L’allora prefetto ricorda, poi, quella che fu la sua prima impressione. «Mi sembrò - racconta - che non potesse trattarsi di un atti di matrice classicamente mafiosa. Tutti, però, avevano collegato la questione al nome Morvillo Falcone. Ma sapendo bene quale fosse il modus operandi della criminalità organizzata era evidente che fosse un tipo di attentato di stampo diverso. E a differenza di altri, che agitarono in quel momento una matrice di quel tipo, pensai subito all’opera di un pazzo. E per fortuna sia io che il questore Terribile che il colonnello Sica che il procuratore capo Dinapoli fummo sostenuti subito dal massimo sforzo investigativo, con Roma che non lesinò né uomini né mezzi per risolvere il caso. Ricordo l’inizio delle indagini e l’arrivo a Brindisi del ministro dell’Interno ma anche del ministro della Giustizia. Ci fu proprio in Prefettura una affollatissima conferenza stampa».

L'ammirazione

Ma c’è un’altra cosa rimasta «scolpita indelebilmente» nel cuore dell’ex prefetto Prete, ovvero «la grande compostezza dei genitori di Melissa. Sia nei primi incontri che durante la cerimonia in chiesa, a Mesagne, rimasi profondamente colpito dal loro atteggiamento. Perdere una figlia in quel barbaro modo avrebbe devastato il cuore di chiunque ma loro dimostrarono una compostezza e una signorilità incredibili. Da loro non si sentiva un lamento. Fu un momento di profonda commozione. Per fortuna, poi, l’opera incessante portò alla scoperta del colpevole. E questo fu un sollievo per tutti. Tutta la città, infatti, si era mobilitata immediatamente con manifestazioni di massa e sarebbe stato un vulnus per Brindisi e per la sua comunità rimanere in sospeso, senza capire cosa fosse successo realmente». Nonostante il tempo passato, conclude, «questi episodi lasciano per sempre un segno, anche se si dice che si va avanti. Ma ad ogni anniversario di quei tragici eventi si riapre una ferita mai rimarginata. Quello è stato senza dubbio, infatti, il momento più drammatico e doloroso della mia vita professionale».

Il sindaco

Ricordi indelebili anche per l’allora sindaco Mimmo Consales, che si era insediato solo qualche giorno prima ed il 18, poche ore prima della tragedia, aveva nominato la sua giunta. «Ricordo che quel pomeriggio agli assessori appena nominati dissi: “Godetevi queste ultime ore perché da lunedì si lavora senza tregua”. Poche ore dopo, il mattino del 19, ricevetti la telefonata di una mia fonte giornalistica che mi disse quello che era accaduto. Poi fu la volta del comandante della polizia municipale. Naturalmente corsi subito sul posto e mi ritrovai di fronte a quel disastro», racconta. La prima difficoltà, sottolinea, fu la gestione dell’emergenza: «In tutte le scuole c’era paura. Non si sapeva cosa stesse succedendo e si temevano altri attentati sempre ad altre scuole. Allora presi una decisione che inizialmente fu vista come un azzardo ma, poi, ricevette il plauso del ministro della Pubblica istruzione. Chiesi a tutte le scuole, infatti, di rimanere aperte anche nel pomeriggio, fino a sera. Perché sapevo che se non si tornava subito in classe sarebbe stato un problema. Così cominciai a girare per incontrare gli studenti e rassicurarli che la società civile, ancora una volta, avrebbe avuto la meglio». Anche Consales ricevette telefonate da tutta Italia. Dal Presidente della Repubblica al presidente del Consiglio al governatore Nichi Vendola. «Da qui - ricorda - nacque l’idea della manifestazione che si svolse il giorno dopo. Arrivarono per l’occasione due ministri, Profumo e Riccardi, don Ciotti, Vendola, parlamentari e sindaci di tantissimi Comuni, alcuni dei quali salirono poi sul palco di piazza Vittoria».

L'immagine distorta

La questione colpì, in effetti, l’opinione pubblica di tutta Italia. Ma cominciarono a spuntare ipotesi tutt’altro che fondate sull’accaduto. «Fui invitato - racconta Consales - alla Biennale della legalità di Torino, che concentrò sul caso Melissa. Io parlai in piazza con l’allora sindaco Fassino. Ma furono organizzati altre iniziative, naturalmente anche a Mesagne, con l’allora sindaco Scoditti. E poi incontri a non finire nelle scuole. Ma dopo i complimenti sulla reazione della comunità arrivò la fase del massacro sulle tv nazionali, dove i professionisti dell’antimafia cominciarono a parlare di attentato della Sacra Corona Unita, di Brindisi come una città ancora nella morsa della malavita. In ogni occasione, ospite in trasmissioni nazionali, dissi che le cose non stavano così, che la mafia non colpisce con le bombole di gas ma con il tritolo e che ci trovavamo di fronte ad un pazzo. E per fortuna le indagini lo confermarono, restituendo un minimo di tranquillità».

Il dispiacere

A Consales, tuttavia, resta un cruccio. «Oggi - dice - l’amministrazione chiama quel parco “Cillarese” ma il suo nome è parco “19 maggio”. Non voglio dire che si sia cancellata la memoria ma un minimo di rispetto in più ci doveva essere. Realizzammo anche, in pochissimo tempo, il parco “Melissa” per restituire quel pezzo di giardino degradato di fronte alla scuola. Che poi, però, ha sempre voluto fare iniziative autonome. Per carità, lo dico senza polemica. Ma quanto accaduto colpì tutti, tanto che in tutta Italia ci sono molte scuole intitolate a Melissa Bassi o che hanno dedicato alla sua memoria spazi interni. A mio parere, l’anniversario di quella tragedia sarebbe dovuto rimanere un simbolo ma ho l’impressione che qualcosa si sia persa. Eppure, un attentato ad una scuola è il massimo della barbarie. E noi l’abbiamo subito. In quel momento si sarebbe potuto reagire molto male ma invece Brindisi diede dimostrazione di grande compattezza. Ecco, questo non dovremmo dimenticarlo».

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