Medici e infermieri, tre aggressioni al giorno: scatta l'allarme sicurezza

Medici e infermieri, tre aggressioni al giorno: scatta l'allarme sicurezza
di Maurizio DISTANTE
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Domenica 19 Gennaio 2020, 11:19 - Ultimo aggiornamento: 11:34
L'ultima aggressione ai danni del personale del sistema sanitario in provincia di Brindisi risale al 14 gennaio scorso, quando alcune operatrici in servizio notturno al pronto soccorso dell'ospedale di Ostuni sono state vittime di un assalto, fortunatamente solo verbale: la situazione, nell'occasione, non è degenerata solo grazie al pronto intervento degli agenti del locale commissariato, allertati dai colleghi delle lavoratrici.

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Il 2020, da questo punto di vista, si è aperto come si era chiuso il 2019: le statistiche in tema di aggressioni in sanità dello scorso anno parlano di oltre 1.500 casi denunciati ai quali si devono necessariamente aggiungere quelli passati sotto silenzio. Un fenomeno ormai endemico e non più trascurabile: per questo il dipartimento Sanità della Funzione pubblica Cisl di Taranto e Brindisi ha deciso di chiamare in causa le istituzioni civili e sanitarie per chiedere misure di prevenzione e repressione.

«Il fenomeno della violenza - afferma Giuseppe Lacorte, responsabile della sanità per il sindacato - nei confronti del personale sanitario, tristemente noto, nell'ultimo periodo ha registrato un sensibile aumento di casi denunciati. La Cisl Fp ritiene che il problema non sia valutato con l'attenzione che merita, malgrado sia un fenomeno che si manifesta in tutti gli ambiti sanitari anche della provincia brindisina. Non ci risultano azioni di contrasto messe in campo negli ultimi anni: ci si limita a leggere le notizie di cronaca legate alle lesioni a cui sono sottoposti gli operatori». Lacorte, dopo aver richiamato l'ultimo caso di cronaca, si rivolge direttamente ai vertici Asl, chiedendo l'istituzione di un tavolo di discussione dal quale trarre le misure a contrasto del fenomeno.

«È di tutta evidenza che un'azienda vocata al benessere fisico, psichico e sociale dei cittadini non può essere dispensata dal garantire lo stesso ai propri dipendenti. Per questo chiediamo da subito un tavolo con l'Asl per spingere l'attuazione di modelli organizzativi univoci, partendo dai punti che di norma sono più esposti: i pronto soccorso, il 118 e i Punti di primo intervento, il reparto e i servizi di Psichiatria. Non è più trascurabile l'elaborazione di programmi di prevenzione della violenza, di una formazione mirata del personale per la gestione di situazioni critiche, la promulgazione di una politica di tolleranza zero verso atti di violenza, l'incoraggiamento del personale a segnalare prontamente gli episodi subiti, facilitando il coordinamento con le autorità di pubblica sicurezza. Allo stesso tempo, riteniamo prioritaria l'attivazione del servizio di vigilanza all'interno di tutti i pronto soccorso, evitando che il personale si trovi isolato e abbandonato alla propria disperazione».

Le violenze denunciate contro gli operatori sanitari nel 2019, come emerge dal Dossier violenza realizzato da Fimmg Continuità assistenziale, sono state circa 1.500. In Italia si verificano in media 3 aggressioni al giorno ma il numero potrebbe essere anche più alto, calcolando gli episodi non denunciati. A farne le spese sono principalmente le donne che, essendo più numerose, sono bersaglio di aggressioni nel 68% dei casi. La fascia oraria più a rischio è la notte, con il 65% delle aggressioni. Alla luce di questi dati, la Cisl Fp si è spinta oltre, scrivendo direttamente al prefetto Umberto Guidato ed ai sindaci della provincia, primi responsabili della salute pubblica.

«Il governo - si legge nella lettera firmata da Lacorte e da Aldo Gemma, segretario generale della Cisl Fp - ha affrontato questo fenomeno preannunciando un provvedimento mirato alla sicurezza degli operatori sanitari ma non basta perché la gravità della situazione richiede la presa di coscienza di tutte le istituzioni. Ai primi garanti della salute dei cittadini, i sindaci, oltre a chiedere di mettere in campo quanto possibile per favorire un clima culturale di maggiore umanizzazione e rispetto per i sanitari, chiediamo di avviare un tavolo come già fatto con l'Asl».

All'appello ai primi cittadini segue quello che chiama in causa il prefetto: «Vorremmo proporre, se lo riterrà opportuno, l'attivazione di ogni forma valutata idonea di coordinamento locale tra la Prefettura, l'Asl, i Comuni e le strutture regionali, al fine di procedere verso l'applicazione di un protocollo per evitare eventuali e future ripercussioni negative a carico del personale sanitario».
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