«Epatite contratta in ospedale». I giudici: risarcimento di 60mila euro. Responsabile il Ministero della Salute

«Epatite contratta in ospedale». I giudici: risarcimento di 60mila euro. Responsabile il Ministero della Salute
di Eliseo ZANZARELLI
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Giovedì 18 Maggio 2023, 08:58

Diversi anni fa le fu praticata una trasfusione di sangue a seguito della quale scoprì di aver contratto l’epatite B. Di recente, il Tribunale civile di Lecce le ha riconosciuto il risarcimento del danno nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro. Sessantamila euro.
Una donna di 52 anni residente a Manduria, in provincia di Taranto, ma originaria di Francavilla, ha portato in giudizio sia i responsabili dell’ospedale “Marianna Giannuzzi” di Manduria sia lo stesso ministero della Salute, difeso dall’Avvocatura dello Stato di Lecce. Il legale di fiducia della donna è Pietro Maria Ammaturo del foro di Brindisi. 

Il risarcimento ottenuto


La causa è stata avviata nel 2020, ma quella emo-trasfusione risaliva a diverso tempo prima. Il Ministero ha tentato, per il tramite degli avvocati statali, di negare la propria legittimazione passiva e di eccepire l’avvenuta prescrizione oltre che la mancanza di colpa “in quanto il compito del Ministero non doveva ritenersi esteso anche al controllo su ciascuna trasfusione”. In più: pretesa risarcitoria eccessiva. La giudice Viviana Mele ha conferito incarico tecnico al dottor Bruno Causo, che ha sostanzialmente confermato l’esistenza di un nesso di causalità tra quella trasfusione e la successiva malattia, insorta o - meglio - scoperta a distanza di tempo. Il consulente tecnico ha condiviso - da un punto d’osservazione scientifico - appieno le tesi esposte dall’avvocato Ammaturo, anche nel richiamare sul tema le pronunce della Corte di Cassazione, per la quale il Ministero - massimo organo di vigilanza sanitaria - non può soprassedere rispetto ai controlli territoriali, in riferimento a malattie come l’epatite B per emo-derivati accolti nelle strutture sanitarie e poi da esse accettati, infine somministrate ai pazienti.
“Sussiste dunque la prova della responsabilità del ministero della Salute nello svilupparsi della malattia in capo all’attrice”, ha stabilito la sentenza di primo grado.
Sulla scorta della perizia, il Tribunale ha quindi riconosciuto alla paziente il danno biologico, sofferenza soggettiva, danni e spese di giudizio.

Non importa che il problema sia derivato dagli anni ‘90. C’è e altrimenti non ci sarebbe stato. L’ha detto la giudice Mele, essendosi basata sulle pronunce della Suprema Corte. 


Ora è chiaro che ci possa essere un ricorso, ma intanto il risarcimento è stato delineato. Diverse decine di migliaia di euro perché senza quell’emotrasfusione la paziente sarebbe probabilmente in ottima salute e non in sofferenza e costretta a ricorrere costantemente alle cure mediche come oggi accade. L’ha sostenuto a processo la diretta interessata, l’ha detto chiaramente anche il suo legale. 
Quella trasfusione, indicata a suo tempo come necessaria, le avrebbe dovuto cambiare la vita in meglio. Di fatto, gliel’ha cambiata in peggio, ma l’hanno detto non soltanto la vittima, sempre presunta, e il suo avvocato. L’ha detto anche un giudice in nome del popolo italiano.
Ci saranno probabilmente altri gradi di giudizio per accertare meglio quanto accaduto, ma bel frattempo la paziente può pretendere tranquillamente quanto le è stato concesso, cioè a suo dire poco a fronte di un’esistenza da allora in poi rovinata.
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