Castello Alfonsino off limits:
«Un'altra estate persa»

Il castello Alfonsino
Il castello Alfonsino
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Mercoledì 22 Agosto 2018, 05:30
BRINDISI - Si tiene alta l’attenzione sulla fruibilità dei beni culturali brindisini di custodia statale da quando sono stati avviati i lavori di restauro e riqualificazione del Castello Alfonsino che costeranno in totale 5 milioni di euro sufficienti per un terzo degli interventi di riqualificazione ma che, entro il 2020, dovrebbero restituire la cinta muraria, la cappella, e piazza d’Armi fino alla Porta Regia e al primo piazzale del Castello.
E si tiene alta perché seppure i lavori procedano, fatto salvo per qualche sosta e un rallentamento dovuto alla sostituzione del direttore dei lavori, a margine della presentazione dei progetti per i castello, il 16 aprile scorso, a entusiasmare la città fu l’annuncio della ripresa delle visite guidate a partire da maggio.
Promessa disattesa e poi rimandata a Ferragosto, ma fino a oggi di visite guidate non ce n’è stata neanche una. Lo ha ricordato, ieri, l’ex assessore al Turismo dell’era Mennitti, Teo Titi, oggi presidente della sezione turismo di Confindustria Brindisi, con un post dalla sua pagina facebook in cui grida alla latitanza della soprintendenza: “Dapprima maggio, poi Ferragosto, ora la Soprintendente è in ferie. Brindisi può aspettare. E le occasioni si perdono per sempre. Passano gli anni e la storia non cambia. Sarebbe ora che la città reagisse con forza! I beni sono della collettività e non possono rimanere solo “potenziali” attrattori turistici per colpa di questo ente!” ha scritto e l’ultima menzione riguarda impossibilità di far visitare il bene a possibili investitori per (pare) mancanza delle chiavi o di chi le potesse usare per aprire i cancelli del Castello.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg, la questione è ben più cronicizzata e attiene alle nozioni di custodia e valorizzazione dei “beni culturali e del paesaggio” del demanio, di cui la soprintendenza è tenuta ad assicurare la più proficua tutela e godibilità pubblica. Ed è su questo piano che dovrà concentrarsi la battaglia, o dialogo, tra enti locali e centrali. Perché questi beni non sono di proprietà ma in custodia di enti che hanno il dovere di tutelarli sì, ma contestualmente renderli fattore di crescita del territorio.
“Nei prossimi giorni ci incontreremo per valutare quale percorso comune intraprendere per rendere fruibile il patrimonio storico, artistico e culturale della città” ha detto Rossi. Quello che, però, si evince dalle tante dichiarazioni rilasciate dalla soprintendenza negli anni - perché la questione della fruibilità dei beni del demanio è una costante almeno per Brindisi - è che troppo spesso pare essere una legata alla mancanza di risorse. O mancano i soldi per coprire le spese delle aperture straordinarie o manca il personale, perché per contratto il personale amministrativo, e quindi non di vigilanza, in alcuni giorni e per alcune fasce orarie non lavora, come i festivi o nei pomeriggi dopo le 16 e 30 o i serali. La soprintendente ha parlato anche di lavoratori socialmente utili. “Quando ci incontreremo con la soprintendenza sciorineremo tutte le criticità e vaglieremo ogni possibile soluzione” ha concluso Rossi.
Di certo ci sono diversi esempi ai quali si può attingere per risolvere la questione, come la possibilità di stipulare convenzioni con enti terzi, vedi il Fai, oltre alla necessità di rimaneggiare la già sottoscritta vecchia convenzione stipulata con il Comune di Brindisi nel 1986 per la fruibilità degli scavi di San Pietro degli Schiavoni, in cui si legge che “la Soprintendenza si impegna a curare, con tutti i relativi costi, la custodia diurna dalle 8 alle 20” e a valorizzarli garantendone l’accessibilità. Ma “adesso ci sono esigenze diverse” ha detto la stessa Piccarreta.
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