Insultano i vigili su Facebook dopo la raffica di multe: diffamazione, in tre vanno a processo

Insultano i vigili su Facebook dopo la raffica di multe: diffamazione, in tre vanno a processo
di Alfonso SPAGNULO
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Lunedì 14 Novembre 2022, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 08:43

Insulti ai vigili urbani su Facebook e tre fasanesi vanno a processo. A conclusione delle indagini preliminari il sostituto procuratore di Brindisi, Giuseppe De Nozza, ha emesso un decreto di citazione diretta a giudizio per tre fasanesi. Il provvedimento è stato notificato nei giorni scorsi agli indagati. Si tratta di un 41enne, un 38enne e un 34enne. L'accusa, per tutti e tre, è di diffamazione a mezzo social. Il fatto risale a qualche giorno prima di Natale 2019.

I fatti

Quel giorno i tre leoni da tastiera diedero sfogo sul profilo Facebook di un utente fasanese ai loro risentimenti nei confronti di due vigili urbani in servizio al vomando di Polizia locale di Fasano. I due agenti, un uomo e una donna, furono sommersi di offese: "Che co.., Sono gli stessi che un venerdì sera d'agosto alle ore 20.45 hanno fatto il pieno di verbali in piazza. È vero che le nostre auto erano in difetto ma da allora sono tornati nel dormitorio, I mo. Loro, pure a me rompono i co., sti mongoloidi". Il pm è arrivato alla conclusione che il contenuto dei post pubblicati dai tre fasanesi integra gli estremi del reato di diffamazione.

Di conseguenza li ha citati a giudizio.

La prima udienza del processo è fissata per il 16 febbraio prossimo dinanzi al Tribunale di Brindisi in composizione monocratica (giudice Tea Verderosa). Come previsto dal codice di procedura penale gli imputati potranno, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, possono chiedere il giudizio abbreviato, l'applicazione della pena, la sospensione della prova con la messa alla prova o presentare domanda di oblazione. Le parti offese, ovvero i due vigili urbani, potranno costituirsi parti civili per chiedere il risarcimento dei danni.

Facebook, d'altronde, non è la prateria del vecchio West, dove chiunque si arroccava il diritto di farsi giustizia sommaria. Che gli insulti sui social network possono rappresentare una diffamazione è un dato di fatto acquisito. L'orientamento ha da tempo indicato Facebook come un luogo aperto al pubblico, sicché l'uso improprio di tale strumento può portare alla sussistenza dei presupposti del reato di diffamazione. La giurisprudenza di legittimità ha, in particolare, affermato che la comunicazione di contenuti diffamatori attraverso la bacheca di un utente, visualizzabile da tutti coloro che hanno accesso al profilo, costituisce diffamazione aggravata, sotto il profilo dell'offesa arrecata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, diverso dalla stampa, poiché la condotta in tal modo realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone. Ora sarà un giudice, fatta salva la scelta delle parti di chiudere la questione diversamente, a stabilire se i tre imputati hanno diffamato i due vigili urbani.

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