Inquinamento: a Brindisi dubbi sui limiti (non superati in concreto)

Lo stabilimento Leonardo, ex Agusta, di Brindisi
Lo stabilimento Leonardo, ex Agusta, di Brindisi
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Mercoledì 30 Marzo 2022, 07:06 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:01

Dopo diversi anni di lavoro, nei giorni scorsi la Regione Puglia ha finalmente preso atto del rapporto sulla  Valutazione del danno sanitario relativo all’area ad elevato rischio ambientale di Brindisi, redatto da Arpa, Aress ed Asl. E dallo studio emerge, inaspettatamente, una sola situazione tale da richiedere non tanto un piano di riduzione delle emissioni da parte dell’azienda ma comunque un intervento nell’ambito dell’Autorizzazione integrata ambientale.

La conclusione

I risultati della valutazione del rischio, si legge nella delibera della giunta regionale pugliese, “hanno evidenziato un livello di rischio cancerogeno inalatorio superiore alla soglia di accettabilità, pari 10 alla -4, ed un hazard index maggiore di 1 in riferimento al rischio inalatorio non cancerogeno. In particolare, la valutazione ha evidenziato una criticità legata al cromo esavalente potenzialmente emesso dall’azienda Leonardo (ex Agusta), ovvero considerando i valori limite di emissione autorizzati in termini di cromo esavalente per le attività di verniciatura, sia in riferimento al rischio inalatorio cancerogeno che non cancerogeno”. La situazione più preoccupante dunque, sulla base delle emissioni autorizzate dalle varie Autorizzazioni integrate ambientali degli stabilimenti industriali presenti sul territorio, risulta quella relativa a Leonardo.

Lo studio, infatti, evidenzia “un’area con un livello di rischio cancerogeno per via inalatoria superiore a 1:10.000. Il 98.9% del rischio stimato è attribuibile alle concentrazioni di cromo esavalente, che per la quasi totalità derivano dall’impianto Leonardo (ex Agusta Westland)”.

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La chiave di lettura

Questo per quanto riguarda le emissioni teoriche autorizzate. Allo stesso tempo, tuttavia, lo studio “fa presente che le concentrazioni misurate di cromo esavalente per l’azienda Leonardo, con specifico riferimento alle fasi produttive (verniciatura), per cui è stato fissato in Aia un limite per il Cr(VI) in effetti elevato, sono risultati sempre inferiori al limite di rilevabilità (inferiore a 0,003 mg/nm3), il che, se rapportato anche alle effettive portate dei camini (e non alle portate nominali) e alle effettive ore di lavorazione (e non alle ore teoriche massime), restituisce un quadro emissivo e, conseguentemente, del rischio cancerogeno inferiore alla soglia di accettabilità individuata in 10 alla -4. Per quanto riguarda il rischio non cancerogeno per via inalatoria, si è ottenuto un valore di hazard index maggiore di 1 per l’apparato respiratorio, attribuibile alle concentrazioni di cromo esavalente dovute all’impianto Leonardo (ex Agusta Westland)”.

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La soluzione

Proprio alla luce di questa discrepanza tra le emissioni autorizzate, si parla di un limite “in effetti elevato” e che “costituisce una notevole criticità” in diverse parti del rapporto, e quelle effettivamente misurate, “non sussistono i presupposti per chiedere alla società la predisposizione del piano di riduzione” delle emissioni pure previsto dalla legge regionale sul danno sanitario. A questo punto, dunque, toccherà alla Provincia, alla quale è stato inviato il rapporto, in quanto autorità competente in materia di autorizzazioni ambientali relativamente all’impianto Leonardo, rivedere proprio nell’ambito del procedimento Aia (la revisione è in corso ed è aperta dal 2020) il parametro limite relativo al cromo esavalente, “sulla base della successiva formulazione di una proposta di gestione del rischio aderente alle reali condizioni operative dello stabilimento ed alle elaborazioni ed indicazioni che saranno fornite dal tavolo tecnico-interistituzionale Arpa-Asl–Aress per la diminuzione del rischio di cui al medesimo rapporto”.

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Gli altri impianti

Una menzione a parte merita, la discarica di contrada Autigno, la cui assenza di gestione “costituisce una notevole criticità nell’area poiché, come noto, le emissioni di una discarica proseguono nel tempo e, soprattutto, se non adeguatamente gestite, possono rappresentare sorgenti di rischio incontrollate”. Infine, il rapporto non prende in considerazione gli eventi delle sfiammate del petrolchimico “dato che tali sorgenti emissive non sono regolamentate dall’Aia in termini di valori limite”.

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