Industria e lavoro a Brindisi: le soluzioni di Pirro per la decarbonizzazione

Federico Pirro
Federico Pirro
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Giovedì 7 Aprile 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:26

Un piano di diversificazione manifatturiera che crei a Brindisi non solo una filiera delle rinnovabili ma che coinvolga, trasformandoli ed adeguandoli ai tempi, anche altri settori come quello petrolchimico e quello aeronautico. Naturalmente con il supporto del governo ed in particolare dei ministeri competenti, tramite contratti di programma ed altre iniziative simili. Questa è, per il professore di Storia dell’industria all’Università di Bari Federico Pirro, la soluzione agli effetti, prevedibilmente negativi, almeno nella fase iniziale, dell’uscita dal carbone ed in particolare della chiusura della centrale “Federico II”.
La decarbonizzazione può davvero rappresentare un’opportunità occupazionale come sostenuto dal direttore di Enel Italia Nicola Lanzetta o, come molti temono a Brindisi, avrà solo conseguenze negative sui posti di lavoro?
«Può rappresentare un’opportunità occupazionale a condizione che siano ben chiari in termini quantitativi gli obiettivi da raggiungere, gli strumenti e le azioni da mettere in campo per conseguirli e le risorse e i tempi necessari per ottenere risultati tangibili. Quanto annunziato dal dottor Lanzetta è sicuramente di grande rilievo, così come l’annuncio di alcuni giorni dopo dato dall’Enel di poter attrarre su Brindisi due aziende produttrici di tecnologie per le rinnovabili. Questo territorio allora può e deve diventare nei prossimi anni un polo di livello internazionale di progettazione e produzione di varie tecnologie per il comparto delle rinnovabili. Ad esempio, se come è auspicabile, Brindisi si candida alla produzione di idrogeno verde, gli elettrolizzatori dovranno essere costruiti in loco. E così gli aerogeneratori di grande potenza del progetto Kailia della Falck Renewables dovranno prodursi nella loro interezza nell’area industriale. E così le torri, i materiali per gli ancoraggi, le piattaforme di posizionamento delle stesse torri. E se sarà necessario attrarre aziende di altri territori o anche estere per produrre macchinari che le imprese locali non costruiscono, bisognerà saperle attrarre, facendo in modo che le industrie locali collaborino poi attivamente in filiera con gli eventuali nuovi venuti. Insomma, bisogna definire un grande progetto territoriale di respiro nazionale di diversificazione industriale, chiamando a collaborarvi il distretto dell’energia, gli Atenei di Bari e Lecce, l’Enea, il Cetma ed anche Atenei del Nord o esteri. Gli incentivi della Regione e i contratti di sviluppo per filiere del ministero dello Sviluppo economico sono strumenti preziosi che potrebbero essere posti a disposizione di imprese attratte sul territorio».
Ha senso chiedere a Terna un passo indietro sulla decisione di non ritenere strategica la realizzazione di una nuova centrale a gas nella macroarea che comprende Brindisi?
«L’Enel sta ribadendo con forza quasi ogni giorno che si deve uscire dal carbone alla scadenza del 2025, salvo che il protrarsi delle drammatiche vicende dell’Ucraina non finisca con l’imporre il prolungamento oltre quella scadenza dell’impiego del carbone. Bisognerà pertanto verificare nei prossimi mesi quale sarà l’evolversi della situazione energetica a livello internazionale e in Italia. Brindisi comunque rimarrebbe un polo energetico di rilievo nazionale grazie anche alla centrale dell’Enipower e a quella molto minore della Srb. Si potrebbe anche ipotizzare la localizzazione di centrali a biomasse come quelle esistenti nel Foggiano, in una delle quali è impegnato il Gruppo Marcegaglia».
Qual tipo di attività, da realizzare all’interno del sito della “Federico II”, potrebbe consentire di ammortizzare - anche solo in parte - la perdita di posti di lavoro prevista a causa della chiusura della centrale a carbone?
«Quanto previsto dall’Enel ovvero parco fotovoltaico e impianti di accumulo è sicuramente utile, così come le future auspicabili attività di logistica di Enel Logistics, ma credo, come dicevo prima, che la soluzione più forte debba essere costituita da un piano di diversificazione manifatturiera di grande respiro, da allargarsi anche ad altri comparti. Ad esempio, nel settore aeronautico è possibile verificare l’ipotesi di un rafforzamento produttivo e occupazionale in logiche di mercato del sito della Leonardo Divisione Elicotteri, considerando che questo impianto è, con quello molto più piccolo di Benevento, uno dei due della stessa Divisione nel Sud? Per Brindisi insomma bisognerebbe definire e sottoscrivere un Accordo di programma fra governo, imprese e istituzioni territoriali come quello che nel 2014 venne sottoscritto dall’Eni col governo per la riconversione della vecchia raffineria di Gela a bioraffineria e per l’attivazione di pozzi di estrazione di gas nelle acque della Sicilia Sud orientale. E quell’accodo previde investimenti complessivi di 2 miliardi che si stanno completando. Per elaborare poi nel dettaglio il piano di diversificazione industriale prima richiamato, bisognerebbe a mio avviso costituire una struttura tecnica di missione mista fra ministero dello Sviluppo economico, ministero della Transizione ecologica, Regione e territorio, agile, con qualificate competenze che porti innanzi operativamente il disegno tracciato a livello politico».
A2A spiega di avere rinunciato alle aste del capacity market in occasione del preavviso di rigetto dell’istanza della Via da parte del ministero della Transizione ecologica. Quale altra attività economicamente sostenibile sarebbe immaginabile per la nuova centrale a gas nel caso in cui dovesse essere autorizzata?
«A2A è una preziosa risorsa per il territorio e bisognerà valutare con il suo management come proseguire il suo rapporto con la comunità locale».

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