Uccise il figlio di un collaboratore: ergastolo

L'omicidio di Antonio Presta del 5 settembre del 2012
L'omicidio di Antonio Presta del 5 settembre del 2012
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Giovedì 4 Giugno 2020, 20:27 - Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 11:59
Ergastolo, con isolamento diurno per sei mesi. È la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'Assise del Tribunale di Brindisi nei confronti di Carlo Solazzo, 44 anni, di San Donaci, accusato dell’omicidio del figlio di un collaboratore di giustizia, Antonio Presta, ucciso il 5 settembre del 2012. La condanna si allinea con la richiesta del pubblico ministero Alberto Santacatterina, della Direzione distrettuale antimafia di Lecce all'epoca dei fatti.

La sentenza è arrivata dopo otto ore di Camera di consiglio della corte presieduta dal giudice Domenico Cucchiara.  Solazzo (che nei mesi scorsi è stato condannato in appello a una pena di 13 anni di reclusione per mafia, in continuazione con altri reati, a fronte di una condanna a 25 anni in primo grado) è difeso dall’avvocato Pasquale Annicchiarico.

Alle parti civili Gianfranco Presta, padre della vittima, assistito dall’avvocato Francesco Maria De Giorgi, e l’amministrazione di San Donaci, Comune dove si consumò l'omicidio, assistita dall’avvocato Vincenzo  Pennetta.
Le indagini sul conto di Solazzo erano state condotte dai carabinieri. Nel corso delle stesse, si era proceduto ad ascoltare, nell’ambito di un incidente probatorio che ha consentito di “congelare” anticipatamente una prova, il principale accusatore di Solazzo, Sergio Dell’Anna.

Secondo quanto era emerso dagli approfondimenti, la spedizione punitiva era maturata in seguito a un dissidio di famiglia, dovuto a contrasti sorti per il controllo del mercato della droga, per via dello status di collaboratore del padre della vittima. Antonio e la sorella Daniela, infatti, non piacevano al fratello di quest’ultimo, Carlo. Egli riteneva che fossero loro i responsabili di un incendio appiccato a una sua abitazione in un periodo di assenza.

Gli autori dell’assassinio, ad ogni modo, sarebbero almeno due (uno mai identificato) ed agirono tra le 23 e le 23.30, nei pressi di un circolo ricreativo, a bordo di una Lancia Delta con targa tedesca. Presta fu raggiunto da una scarica di proiettili partiti da una calibro 38 e di pallettoni partiti da un fucile. Ma non furono gli spari a provocarne la morte, bensì le violente percosse che il 29enne subì alla testa, in particolare dietro alla nuca.

La prima a parlare dei possibili responsabili dell’imboscata fu la sorella Daniela: rivelò dei dettagli durante un colloquio in carcere con il compagno. Poi i collaboratori, lo stesso Gianfranco, padre del ragazzo ucciso che confermò ai carabinieri che il figlio gestiva un’attività di spaccio di stupefacenti. Ci sarebbero infine almeno un paio di testimoni oculari, tra cui proprio Sergio Dell’Anna che aveva chiarito ai carabinieri del Reparto operativo di Brindisi alcuni particolari sulla dinamica dell’agguato.

A Solazzo sono state contestate diverse aggravanti: la premeditazione “avendo organizzato l’agguato procurandosi l’autovettura e le armi”, l’aver commesso il fatto per agevolare la frangia della Scu operante a San Donaci e Cellino San Marco “cui apparteneva”, e la modalità mafiosa, avendo agito “nel centro del paese con inusitata violenza anche al fine di riaffermare il potere di intimidazione dell’associazione cui apparteneva”.
Solazzo avrebbe agito per eliminare Presta, reo di aver “sfidato il suo ruolo di vertice e il suo prestigio criminale entrando con lui in un contrasto di traffico di sostanze stupefacenti, essendo per di più figlio di un collaboratore di giustizia”
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