La battaglia dell'esercito dei “volontari” che operano sulle ambulanze del territorio va avanti da anni. Solo in pochi sono riusciti ad ottenere l'assunzione: «E' uno scandalo - racconta l'operatore - uno scandalo legalizzato. Simile al lavoro nero» spiega, mostrando la tabella dei turni stampata su foglio bianco. Una griglia che è di fatto una pianificazione mensile, come in azienda. Sono 161 ore al mese per gli assunti. I volontari, si può leggere nelle opportune caselle, ne fanno 200. A volte anche 300: «Non posso mancare, se non in casi di estrema emergenza, perché altrimenti lascio il turno scoperto. Non ho la possibilità di chiedere malattia, ferie. Non esiste nulla. Non esiste lo straordinario, non il bonus per i festivi. Si lavora a Pasqua, Pasquetta. A Natale. La nostra dedizione è massima. Ci mettiamo grande passione. Ma da tempo denunciamo le ingiustizie senza essere ascoltati. Siamo sfruttati».
L'analisi è chiara: le associazioni che prestano servizio in tutto il Brindisino sono 9, in convenzione con la Asl. Il regolamento regionale prevede che il servizio di Emergenza e Urgenza possa essere affidato alle “onlus”: esse non devono produrre degli utili e ricevono dall'Azienda sanitaria dei contributi di circa 20mila euro al mese per pagare i dipendenti regolarmente contrattualizzati e per concedere i rimborsi spese ai volontari. «Un volontario però, è una persona che ha un altro lavoro e che mette a disposizione, saltuariamente e quando lo ritiene, il proprio tempo e il proprio impegno. Noi abbiamo turni mensili già stabiliti e con tutto il carico che sopportiamo, anche per una questione di tempo a disposizione, certo non possiamo permetterci un'altra occupazione.
Capita di fare il pomeriggio e poi anche la notte». Dai conti fatti sono circa 300. Fatto un calcolo sul monte ore complessivo si caricano sulle spalle una mole di ore che potrebbero svolgere «almeno 11 assunti per ognuna delle nove onlus della provincia», chiarisce il soccorritore.«Va a finire che, senza alcuna speranza, siamo sottopagati. Neppure chi va a fare le pulizie in nero, percepisce così poco. Eppure dalle nostre mani passa la vita delle persone. Ogni intervento è un patema. Ci occupiamo dei pazienti con estrema professionalità, con l'umanità con cui tratteremmo una persona di famiglia. Prima o poi a tutti potrebbe toccare di dover essere soccorsi. Del 118 non si può fare a meno. E siamo in molti a chiederci se sia corretto affidare al volontariato un servizio primario, così importante. Che poi è volontariato solo sulla carta».
In realtà, secondo la persona intervistata, si tratta di un business: «C'è la corsa ad accaparrarsi le convenzioni. Evidentemente è conveniente. L'ultima inchiesta sulle ambulanze impegnate nel servizio 118, quella che c'è stata di recente, ha fatto sì che qualcosa cambiasse. Ora più nessuno destina le ambulanze sostitutive, che devono restare a disposizione per ovviare a qualsiasi inconveniente per i trasporti privati». Sul fronte della “manodopera”, però, sembra rimasto tutto com'era mesi, anni fa: «Per le postazioni medicalizzate è previsto che su un ambulanza ci sia un medico, un infermiere e due soccorritori. Per quelle che non lo sono, invece, solo un autista e un soccorritore. Che spesso sono volontari. All'incirca sono 4 i lavoratori “full-time” per ogni onlus. Poi ci siamo noi, che abbiamo l'1 per cento delle quote delle associazioni e che siamo privi di contratto. Abbiamo una enorme responsabilità, come tutti gli altri. Stiamo lì, notti intere. Anche 12 ore di fila, a correre di emergenza in emergenza. La Asl ha cognizione, volta per volta, nella nostra presenza in turno. Firmiamo le presenze, ci sono gli statini. Ma nessuno interviene. Non ci spettano i contributi, nulla di nulla». Li chiamano angeli del soccorso: «Sì, diamo il massimo. Ed è per questo che il 118 è e resta un'eccellenza a Brindisi, per la qualità del servizio offerto. Ma restiamo pur sempre fantasmi».