La Procura: «Con Galiano una giustizia gestita in modo criminale». Lui chiede di essere scarcerato

La Procura: «Con Galiano una giustizia gestita in modo criminale». Lui chiede di essere scarcerato
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 10 Febbraio 2021, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 16:56

Il giudice civile Gianmarco Galiano chiede la libertà dal carcere di Melfi in cui è rinchiuso da circa dieci giorni, o comunque spera nella possibilità di poter tornare a casa. Lo fa con un ricorso al tribunale del Riesame che è stato depositato nelle scorse ore, poco prima della scadenza dei termini, dal suo legale Raul Pellegrini. L'udienza non è ancora stata fissata. I giudici del Tribunale della Libertà di Potenza hanno invece già analizzato le istanze dell'imprenditore Massimo Bianco e si sono riservati di decidere, mentre altre due posizioni, quelle dell'avvocato Francesco Bianco e di Oreste Pepe Milizia, commercialista e presunto braccio destro del magistrato, saranno vagliate nei prossimi giorni, in virtù di un rinvio chiesto dagli avvocati Domenico Attanasi e Roberto Palmisano.


Si parla dell'indagine su presunti episodi di corruzione in atti giudiziari, abuso d'ufficio e riciclaggio, inquadrata dall'accusa e dal gip in un contesto associativo, che sarebbe stata capeggiata proprio dal magistrato in servizio a Brindisi: sono circa 30mila le pagine che compongono il fascicolo della Procura. L'inchiesta è stata condotta dal sostituto Sarah Masecchia e dal procuratore distrettuale Francesco Curcio, sulla base degli accertamenti fatti dai militari della Guardia di finanza del nucleo di polizia economico finanziaria di Brindisi.


Erano stati invocati 12 arresti in tutto, ne sono stati eseguiti sei. In carcere sono finiti Galiano, Pepe Milizia e Massimo Bianco (che ha ottenuto i domiciliari). Ai domiciliari invece Federica Spina, ex moglie di Galiano e avvocata, Francesco Bianco, anche lui un legale, e Alessandra Formosi, ex moglie di Pepe Milizia e presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Brindisi che è tornata in libertà. Erano stati chiesti gli arresti domiciliari anche per Massimo Ribezzo, maresciallo dei carabinieri in congedo che ha a lungo comandato la stazione di Latiano, Antonio De Giorgi, ex sindaco di Latiano, M. C., avvocato, Vincenzo Francioso, segretario dimissionario del Pd cittadino sempre a Latiano e capogruppo in consiglio comunale, Concetta Alessandra Lapadula, commercialista, Pietro Di Coste.

Il gip ha opposto un rigetto, ritenendo non vi fossero i presupposti per disporre una misura cautelare. La procura ha appellato il no del giudice, e si attende fissazione del Riesame anche su questo punto.


Quanto all'impostazione della Procura, si parla nella richiesta dei pm di «una eccezionale gravità del contesto emerso». Ossia «un comitato d'affari, guidato dal giudice Galiano, composto da noti professionisti brindisini che ha governato in modo criminale, per anni, una importante fetta della giustizia civile di quel circondario, contenzioso, fallimenti, esecuzioni, ogni affare giudiziario in cui era possibile lucrare». Si descrive un «consolidato sistema di corruzione» che avrebbe travolto anche inconsapevoli colleghi, che molto spesso ignoravano gli «scopi illeciti perseguiti da Galiano» nel comporre collegi giudicanti. Di fallimenti in cui sarebbe stata venduta o strumentalizzata la funzione giudiziaria al fine di ricevere vantaggi personali.


Tre i filoni, ancora strapieni di omissis. Uno è quello che concerne le sentenze civili emesse nel periodo in cui il giudice era in servizio nella sezione distaccata di Francavilla Fontana. Due gli episodi salienti. Una causa del 2007 sulla morte di una ragazza di 23 anni, e una causa riguardante un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300mila euro sarebbero stati messi a disposizione del giudice attraverso il conto intestato alla ex suocera, indagata a piede libero. Nel secondo, circa 150mila euro. La ex moglie, Federica Spina, avvocato, sarebbe stata tra l'altro nominata, a seguito di minacce di Galiano, come legale patrocinante in alcuni procedimenti, oltre che erede testamentaria da parte di presunti corruttori. Nessuno ha mai denunciato. L'altro filone, invece, è tutto incentrato sulla barca a vela Kemit e sul giro di fittizie sponsorizzazioni fatte da Soavegel e quindi, per l'accusa, da Massimo Bianco in cambio di varie tutele giudiziarie in alcuni procedimenti civili pendenti dinanzi al Tribunale di Brindisi, incluse le aste. Da qui il giro di consulenze (per 400mila euro) ad amici e conoscenti. Nel collegio difensivo ci sono anche gli avvocati Massimo Manfreda, Lorenzo Bullo e Pasquale Fistetti.

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