Il ricordo, anche attraverso le testimonianze dirette, di una tragedia che si è consumata in mare, a pochi chilometri da Brindisi, costando la vita a chi aveva tentato di fuggire da un paese caduto nel caos. Ieri si sono svolte le cerimonie per ricordare il naufragio della Kater I Rades, ad un quarto di secolo da quando nel canale d’Otranto la corvetta “Sibilla” dopo una manovra azzardata urtò l’imbarcazione albanese, causandone l’affondamento con la morte di almeno 81 persone (solo 34, invece, i superstiti): era il venerdì santo del 1997.
Il ricordo
Come ogni anno, nel pomeriggio in cui ricorre l’anniversario della strage in tanti si sono riuniti sul lungomare Regina Margherita per gettare dei fiori in mare in ricordo di chi ha perso la vita in quel viaggio della speranza. Un momento che, 25 anni dopo da quel giorno, assume per gli organizzatori dell’evento (come i Cobas con Bobo Aprile) anche una valenza particolare per il panorama internazionale in tema di migrazioni degli ultimi anni.
In quel contesto un gruppo di persone riuscì a partire dal porto di Valona con la vecchia motovedetta di origine sovietica, che fu poi intercettata poco più in là dell’isola di Saseno prima dalla fregata Zeffiro e poi dalla stessa Sibilla: secondo le ricostruzioni l’urto avvenne intorno alle 18.45, con la nave albanese che affondò definitivamente circa un quarto d’ora dopo. La vicenda ha portato con sé anche una coda processuale che si è conclusa nel 2014: dopo tre gradi di giudizio, il tribunale di Brindisi ha condannato a due anni il comandante della Sibilla, Fabrizio Laudadio, mentre il comandante della Kater I Rades, Namik Xhaferi, è stato condannato a tre anni e quattro mesi.
Giustizia
Un verdetto a cui alcuni dei sopravvissuti non si sono rassegnati: durante la manifestazione sul lungomare Regina Margherita, infatti, uno dei naufraghi (che ora vive a Valona), Krenar Xhavara, ha ricordato quei momenti raccontandolo alla platea del lungomare Regina Margherita e, tra le altre cose, ha rimarcato la propria volontà di continuare a chiedere giustizia, non risparmiando critiche al governo albanese, allora guidato da Sali Berisha, per la mancanza di tutele ed a quello italiano «perché non ha mai chiesto scusa». Anche per questo, l’uomo ha rimarcato l’intenzione di rivolgersi ad organi giurisdizionali sovranazionali come la Corte europea dei diritti dell’uomo. «Dopo che siamo stati portati qui a Brindisi, - ha spiegato inoltre il testimone del naufragio – alla caserma Carafa, abbiamo iniziato una battaglia per poter recuperare la nave». Cosa che avvenne, effettivamente, qualche mese dopo. Anche perché a commemorare quella pagina tragica della storia del nostro territorio c’è anche un’installazione artistica in cui il relitto che fu recuperato nell’ottobre di quello stesso anno è stato trasformato in un’opera d’arte contemporanea dal titolo “L’Approdo. Opera all’Umanità Migrante”, realizzata tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 dall’artista greco Costas Varostos, ospitata in quel di Otranto dopo la richiesta del Comune idruntino. Quel che resta della Kater I Rades, in dettaglio, è stato rivestito di un materiale vitreo che simboleggia la fragilità della vita umana. Tra le altre attività che sono andate di pari passo con l’iniziativa brindisina anche una manifestazione che si è svolta ieri mattina a Valona, e quindi uno spettacolo teatrale a Lecce con un intervento telefonico proprio di Xhavara.