Ucciso a coltellate a Stoccarda, confessione choc dell'ex fidanzata: «Quell'uomo mi ha violentata, Vito ha pagato con la vita per difendermi»

Lo sfogo della fidanzata del ragazzo ucciso a Stoccarda

Alessia Turrisi e Vito Barnaba
Alessia Turrisi e Vito Barnaba
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Sabato 13 Maggio 2023, 12:52 - Ultimo aggiornamento: 20:20

Racconta la sua versione sull'omicidio di domenica scorsa, 7 maggio, a Stoccarda (in Germania), del suo fidanzato Vito Barnaba, 25 anni, di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi.  In diversi post su Facebook Alessia Turrisi, 21 anni,  indica come e perchè sia stato ammazzato Vito «l'uomo della mia vita» dal 51enne arrestato dalla polizia tedesca.

«Mi ha stuprata»

«L’ennesimo romanzo criminale che nessuno avrebbe potuto prevedere o tanto meno assorbe con piacere. Nel dicembre del 2022 io e Vito abbiamo avuto una dolce attesa, terminata crudelmente. Ipotermia, poi ospedale, poi infezione alle vie urinarie con sangue. Per via di problemi ormonali e cisti ovariche che vanno e vengono. Dopo questa tragedia, il fatto avvenuto questa domenica 7 Maggio, ho dovuto prendere una pillola abortiva (del giorno dopo, per intenderci) dopo l’avvenuto con questo maiale. E poveri anche i maiali, che sono di gran lunga migliori. Mi ha stuprata, abusato di me, senza pensarci, bensì pianificando tutto, ed io caduta nella trappola. Nella bocca dello squalo. Il mio fidanzato dopo di me».

«Ti amerò per sempre»

Il racconto a questa punta si ferma per fare una riflessione sulla loro vita insieme, sulla scelta di andare a vivere in germania. «Volevamo una vita normale, lontana dai chiacchiericci e dal paesino dalla mentalità stretta, troppo per noi. Con delle aspirazioni e obiettivi che vanno al di là di tutto ciò che avviene nel Salento, luogo nel quale sarebbe anche benissimo potuto succedere.

Di squilibrati ce ne sono un’infinità. Di tutti i colori e nazionalità. Nessuno escluso. Motivo scatenante della nostra soddisfazione del trovarci finalmente indipendenti e senza bastoni fra le ruote. Alto e bassi, certo, siamo pur sempre una ragazza di anni 21 ed un ragazzo di 25 anni. Per questo sappiamo noi. Ci vedevamo e sentivamo tutti i santi ed anche maledetti giorni. Ultimamente ci sfogavamo con le nostre famiglie. Errore grandissimo. Perché noi chiariamo ogni volta, mentre loro rimangono con ciò che é stato detto in momenti di rabbia, parole portare via dal vento. Soprattutto essendo a distanza. Ti amo Vito, uscirà tutta la verità. [💔] Vorrei tanto essermi trovata io al tuo posto, come ti ho già detto, hai molta più forza rispetto a me, avresti potuto sopportare la mia perdita. Io no. Veglia su tutti noi. Su chi ti vuole bene, ed a chi vuoi bene tu. Wissen wir. Ich liebe dich. Immer. Für immer. [❤️‍🩹] [❤️‍🔥] [❣️]».

«Vito  era ancora vivo nelle mie braccia»

Il racconto entra nei dettagli di quello che sarebbe accaduto nella casa dove Vito Barnaba ha trovato la morte:  «Esco così dalla cucina, e credo sia stato a questo punto che Vito sia caduto per terra. Perché a seguire, dopo due minuti al massimo, quel verme é uscito anche dalla cucina, gettando il coltello davanti a me. Se avessi saputo il destino di Vito, mi sarei fatta ammazzare. Invece ho impugnato anche il suo coltello, per cacciarlo dall’appartamento e potermi occupare del mio amore in calma, chiamando così le forze dell’ordine. Vito era ancora vivo nelle mie braccia. Ebbene sì, non é morto sul colpo. Mi diceva “ti amo” e lo pregavo di guardarmi negli occhi e rimanere sveglio. Così gli ultimi baci. Era in tuta nera. Non c’era traccia di sangue, se non su quel maledetto coltello. Avevo pensato di toglierli la giacca, ci ho ripensato appena toccata la zip, potevo manomettere qualcosa. Poi toccandolo sulla schiena, la mia mano diventa rossa. Così ho iniziato a ragionare, gli ho tamponato la ferita in modo che non potesse perdere troppo sangue. Sono arrivati dopo 10/13 minuti circa. I dottori, lo hanno tenuto lassù, nell’appartamento per circa un’ora. Giù nell’ambulanza ancora una mezz’ora, mentre io li imploravo di partire e portarlo in ospedale. Ho ricevuto come risposta che avevano tutti i dispositivi necessari e che avrebbero fatto il possibile. Poco dopo la notizia. Il bastardo del carnefice, era in via di fuga. Per poi essere stato bloccato, per fortuna, dalla polizia. Non riusciva ad incrociare il mio sguardo. Giustizia per Vitoi Marcirà lì dentro. Ho svolto vari interrogatori e documentato parecchie cose in ospedale. Di tutto. Anche se ora é il minimo che io possa fare. Le dichiarazioni sono state rilasciate dalla famiglia che ancora non conosce bene la dinamica, purtroppo. Per mancanza di comunicazione. Chiunque, al posto di Vito, sarebbe andato in soccorso della propria fidanzata. E chiunque al mio posto, sotto shock avrebbe chiamato il proprio ragazzo».

«Il coltello caduto dalla tasca»

Nei post numerati per raccontare tutto, Alessia Turrisi è entrata nel dettaglio nel confronto-scontro fra il suo Vito e l'uomo  che accusa di averla stuprata: «Non ho avvertito in primo luogo la Polizia, in quanto volevo semplicemente il supporto del mio fidanzato, e terminare così la faccenda. Anche magari denunciando il fatto in seguito. Non avrei mai immaginato ovviamente che sarebbe potuto arrivare a questo punto questo individuo indefinito. Vito é stato al telefono con me fino al momento in cui é arrivato nell’appartamento. E mi ha scritto testuali parole poco prima: "Non mi interessa, da stasera tu vieni a vivere nella stanza con me, non fa niente come”. Ed io ero d’accordo, naturalmente. Quindi lui é arrivato, ed ha iniziato a dire a quell’essere:” Cosa hai fatto alla mia ragazza? Cosa vuoi da lei” con toni ovviamente alti. La porta dell’appartamento é rimasta aperta per tutto il tempo. Nessuno si é degnato non dico di venire a vedere se fosse tutto a posto, ma di avvisare almeno le autorità. Questa persona lo ha poi manipolato dicendo “non so, non ti capisco, con annessi movimenti delle spalle e delle braccia, fino a “girarlo” con lo sguardo e fisicamente, essendo lui così dalla parte dominante, ed il mio Vito con le spalle al muro. Fino alla cucina. Mentre io ero nel corridoio pensando che avrebbero finito presto di “picchiarsi” e chiarirsi. (Ah, quest’uomo che parla arabo, capisce l’italiano.) ho poi io visto movimenti di ginocchiate e pugni in pancia, Vito lo allontanava tenendolo per le spalle. Non c’é stato un urlo, né una lacrima. Vito era in possesso di un piccolo coltellino a serramanico, amorevolmente regalato da un suo amico, é da collezione e lo portava sempre con se. Ci tagliava i panini, il salame anche, all’evenienza. Può confermarlo chiunque. Non farebbe del male ad una mosca. Questo coltello, durante il litigio, gli é caduto, presumo dalla tasca. In quanto era semi aperto, ma anche non stabile, quindi si é aperto a conchiglia. Loro erano occupati, quindi, io, sono andata a recuperarlo, in modo da essere sicura che non avrebbero potuto farne uso, così da evitare disagi».

La trappola della borsa dimenticata

Alessia Turrisi racconta, inoltre,  come sarebbe caduta nella trappola tesa dall'assassino di Vito, con l'intenzione di violentarla: «Vito ed io siamo a Stoccarda da 5 anni. Lui lavora per la Grüner. Una ditta situata in Merklingen. Da meno di tre settimane ci siamo trovati a vivere separati, perché dovevamo uscire dalla casa in cui eravamo. Ci siamo trovati costretti. É stato così che lui ha trovato una stanza nei pressi di Hedelfingen, vicino la ditta temporanea Ats che fornisce dipendenti alla Grüner. Avevo anch’io un nuovo lavoro, con cui mi era stata data anche una casa, ma ancora con dentro gli effetti personali del precedente inquilino. In cui Vito é stato fino a due giorni prima che succedesse il delirio. Quest’uomo non era un nostro conoscente, bensì un amico del nostro precedente padrone di casa, che si era messo a disposizione per darci una mano con il trasloco. Ed anche un garage di suo possesso nel quale poter lasciare le nostre cose fino al primo momento in cui avremmo poi trovato una casa, di nuovo una sistemazione stabile, insieme. Ci vedevamo e sentivamo tutti i giorni (io e Vito) come una normalissima coppia. Il carnefice, mi aveva avvertito che avessi dimenticato la mia borsa, nel garage o nel furgone, ancora non mi è chiaro. Avvertendomi semplicemente che fosse quest’ultima ora in suo possesso, nel suo appartamento. Lì é iniziato il “bordello”. Lui non ha sceso la borsa, bensì son dovuta io salire ed entrare quindi nel suo appartamento. Era in una conversazione telefonica. Lui ha provveduto subito a chiudermi in casa, senza via d’uscita, disarmandomi anche di cellulare. É avvenuta una completa violenza fisica, sessuale. Lui é vedovo, e nelle foto viste nel suo appartamento, c’é una somiglianza con la defunta moglie. La quale usava anche il mio stesso profumo. “Versace CrystalNoir”. Non so cosa sia scattato nella mente di questo criminale. Non esiste una parola adatta per descriverlo, ma di certo una non basterebbe. Non ho contattato solo Vito, bensì anche il mio capo ed alcuni amici miei e di Vito».

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