Centrale Enel, Legambiente al governo: «No ai sussidi per i fossili»

Centrale Enel, Legambiente al governo: «No ai sussidi per i fossili»
di Francesco TRINCHERA
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Martedì 8 Dicembre 2020, 08:55

Un no ai sussidi da fonti fossili che coinvolge anche la centrale Federico II di Brindisi. Legambiente nazionale, infatti, si è espressa in maniera fortemente contraria ai finanziamenti da destinare a tutti quei progetti che impiegano combustibili non rinnovabili. Il dossier è stato presentato ieri dall'associazione ambientalista che stima in 35.7 miliardi di euro per quest'anno la somma che l'Italia destina a queste attività.


Il tutto, con un richiamo anche al nostro territorio: per il dossier dell'associazione i sussidi ambientalmente dannosi sono finanziamenti diretti a centrali che utilizzano derivati del petrolio, gas e carbone, che inquinano e producono emissioni di gas serra, portando l'esempio proprio della centrale di Brindisi Sud o ancora quella di Fiumesanto e di San Filippo Mela. Queste stesse strutture, secondo Legambiente rimangono accese solo perché ricevono generosi sussidi, altrimenti in larga parte sarebbero fuori mercato. Un contesto in cui si critica molto la misura del capacity market che prevede 20 anni di generosissimi incentivi per nuove centrali a gas, giustificati da ragioni di sicurezza del sistema.


Più in generale il report stigmatizza il fatto che nella legge di Bilancio presentata dal governo non sono previsti tagli, nonostante sia stata istituita quest'anno una Commissione interministeriale per lo studio e l'elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi. Nel comparto dell'energia, è spiegato ancora, a fronte di 15 miliardi destinati a sussidiare il settore energetico fossile, per il 2020 diventano 15,8 miliardi.
Il documento parla di ventisei sussidi diversi, di cui almeno 14 potrebbero essere eliminati subito, per un valore pari a 8,6 miliardi di euro mentre sarebbero 6,3 i miliardi euro di sussidi che andrebbero rimodulati, in quanto strettamente connessi con settori strategici produttivi o di consumo, come quelli delle isole minori o delle aree geograficamente svantaggiate.


Assieme a questo, Legambiente rileva che dei 35,7 miliardi di euro oltre 21,8 miliardi sotto forma diretta e circa 13,8 miliardi in forma indiretta, attingendo ad un serie di fonti ministeriali e non solo.

Oltre al settore energetico, l'atto di accusa dell'associazione è contro le politiche governative su trasporto, agricoltura, edilizia e canoni e concessioni. Per l'associazione ambientalista ci sono tre punti su cui articolare una controproposta: la prima, quella di inserire nel Recovery plan le scelte di cancellazione di tutti i sussidi alle fossili entro il 2030, quindi eliminare subito i sussidi diretti alle fossili e per lo sfruttamento dei beni ambientali e aggiornare il Catalogo dei sussidi ed infine rivedere subito la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra.


Il rapporto tra le associazioni ambientaliste ed il governo centrale, quindi, vive un momento particolarmente intenso, anche a livello locale. È di qualche giorno fa, infatti, la richiesta da parte per ottenere un'audizione dal ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e quello per l'Ambiente Sergio Costa, inoltrata da Legambiente (stavolta la sezione brindisina) Forum Ambiente salute e Sviluppo, Isde Medici per l'Ambiente, Italia Nostra, No al Carbone, Salute Pubblica, Wwf . Il tema della discussione sono le opere nel porto, come il banchinamento e la realizzazione della colmata tra pontile del petrolchimico e Costa Morena est, o ancora la realizzazione del deposito di gas naturale liquefatto. In entrambi i casi, sono state riportate diverse osservazioni per entrambe le strutture, di cui si intende discutere con entrambi i membri dell'esecutivo.

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