Caso Cucchi, il carabiniere brindisino ammette il pestaggio: così massacrarono il povero Stefano

Caso Cucchi, il carabiniere brindisino ammette il pestaggio: così massacrarono il povero Stefano
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Giovedì 11 Ottobre 2018, 12:39 - Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 18:28

ROMA - Colpo di scena a inizio udienza del processo che vede cinque carabinieri imputati per la vicenda della morte di Stefano Cucchi. Il pm Giovanni Musarò ha reso noto un'attività integrativa di indagine dopo che uno dei carabinieri imputati, Ill brindisino Francesco Tedesco, in una denuncia ha ricostruito i fatti di quella notte e ha «chiamato in causa» due dei militari imputati per il pestaggio. «Il 20 giugno 2018 - ha detto il pm - Tedesco ha presentato una denuncia contro ignoti in cui dice che quando ha saputo della morte di Cucchi ha redatto una notazione di servizio». In successive dichiarazioni ha poi chiamato «in causa gli altri imputati: Mandolini, da lui informato; D'Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi quando si è recato in Corte d'Assise, già sapeva tutto». I successivi riscontri della procura hanno portato a verificare che «è stata redatta una notazione di servizio - ha detto il pm - che è stata sottratta e il comandante di stazione dell'epoca non ha saputo spiegare la mancanza».

La ricostruzione fatta dal carabiniere. «Stefano Cucchi prima iniziò a perdere l'equilibrio per il calcio di Raffaele D'Alessandro, poi ci fu la violenta spinta di Alessio Di Bernardo, in senso contrario, che gli fece perdere l'equilibrio provocando una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di aver sentito il rumore. Nel frattempo mi alzai, spinsi Di Bernardo ma prima che potessi intervenire D'Alessandro colpì con un calcio in faccia (o in testa) Cucchi mentre era sdraiato in terra». È quanto si legge nel verbale dell'interrogatorio reso lo scorso 18 luglio dal carabiniere Francesco Tedesco, fra i cinque militari dell'Arma imputati al processo sulla morte del giovane, avvenuta il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini di Roma, che ora, dopo anni di silenzio ha deciso di parlare. Nell'ambito della morte di Stefano Cucchi, tre carabinieri (Alessio Di Bernardo, Raffaele D'Alessandro e Francesco Tedesco) sono accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità perché, secondo l'accusa, avrebbero pestato Cucchi. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia risponde il militare Vincenzo Nicolardi.

La sorella Ilaria. «Ci sono voluti nove anni, ma finalmente oggi la verità che noi sosteniamo da sempre è entrata in un'aula di giustizia». Così Ilaria Cucchi commenta a fine udienza quanto accaduto oggi in aula, davanti alla Corte d'assise, nel processo per la morte del fratello Stefano. «Importante è che questa verità - ha aggiunto - entra nel processo con le parole di uno degli imputati che racconta il massacro di Stefano».

Le parole dell'avvocato Eugenio Pini, difensore di Tedesco: «Oggi c'è stato uno snodo significativo per il processo, ma anche un riscatto per il mio assistito e per l'intera Arma dei Carabinieri. Gli atti dibattimentali e le ulteriori indagini - ha aggiunto Pini - individuano nel mio assistito il carabiniere che si è lanciato contro i colleghi per allontanarli da Stefano Cucchi, che lo ha soccorso e che lo ha poi difeso. Ma soprattutto è il carabiniere che ha denunciato la condotta al suo superiore ed anche alla Procura della Repubblica, scrivendo una annotazione di servizio che però non è mai giunta in Procura, e poi costretto al silenzio contro la sua volontà. Come detto, è anche un riscatto per l'Arma dei Carabinieri perché è stato un suo appartenente a intervenire in soccorso di Stefano Cucchi, a denunciare il fatto nell'immediatezza e a aver fatto definitivamente luce nel processo».

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