Cucchi, sotto accusa un carabiniere di Brindisi. Favoreggiamento per un altro militare di Pulsano

Cucchi, sotto accusa un carabiniere di Brindisi. Favoreggiamento per un altro militare di Pulsano
di Alessandro Cellini
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Martedì 5 Gennaio 2016, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 14:40
Lesioni personali aggravate, abuso di autorità, false informazioni al pubblico ministero e falsa testimonianza: queste le accuse nei confronti di due carabinieri pugliesi nell'ambito delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano al centro di un caso giudiziario da sei anni. I due militari, che risultano indagati a piede libero da un paio di mesi, sono Francesco Tedesco, 34 anni, di Brindisi, e Vincenzo Nicolardi, 47 anni, di Pulsano, in provincia di Taranto.

Il primo è accusato di aver picchiato Cucchi la sera dell'arresto, quando il giovane fu fermato con alcune dosi di hashish e cocaina; il secondo di aver dichiarato il falso al pm e nel corso del processo contro i medici e gli agenti di polizia penitenziaria, di fatto "coprendo" i colleghi. Il primo processo si è poi concluso con la decisione della Corte di Cassazione di rimandare a giudizio i medici dell'ospedale "Sandro Pertini" di Roma e di confermare l'assoluzione per gli agenti penitenziari. Contemporaneamente, si è aperto un nuovo filone di inchiesta che ha permesso al pubblico ministero Giovanni Musarò di iscrivere nel registro degli indagati Tedesco e Nicolardi, e insieme a loro anche gli altri carabinieri Alessio Di Bernardo, 36 anni, di Isernia, e Raffaele D'Alessandro, 30 anni, di Napoli. Risultava già indagato, invece, il vice comandante della stazione dei carabinieri di Roma-Appia (presso cui prestavano servizio tutti i militari all'epoca dei fatti) Roberto Mandolini, 44 anni, di Roma.

Nelle ultime ore l'attenzione si è concentrata nuovamente su Tedesco, in particolare, perché Ilaria Cucchi - sorella di Stefano, che da anni combatte per conoscere la verità sulla morte del fratello - l'altro ieri ha pubblicato sul suo profilo Facebook una foto del carabiniere brindisino. "Volevo farmi del male, volevo vedere le facce di coloro che si sono vantati di aver pestato mio fratello, coloro che si sono divertiti a farlo. Le facce di coloro che lo hanno ucciso". Il post ha avuto una risonanza notevole tra gli utenti di Facebook, e in tanti si sono lasciati andare a insulti. Giova ricordare, in ogni caso, che sia Tedesco che i suoi colleghi (in particolare Di Bernardo e D'Alessandro) sono indagati non per omicidio ma per lesioni personali aggravate.

Nella richiesta di incidente probatorio, il pm Musarò scrive che Tedesco, Di Bernardo e D'Alessandro, "dopo aver proceduto all'arresto di Stefano Cucchi nella flagranza del delitto di illecita detenzione e cessione di sostanza stupefacente, e dopo aver eseguito la perquisizione domiciliare presso l'abitazione in cui l'arrestato risultava formalmente residente, spingendo e colpendo con schiaffi e calci il Cucchi e facendolo violentemente cadere in terra, gli cagionavano lesioni personali". Tra le altre cose, gli avrebbero provocato anche la "frattura della quarta vertebra sacrale e della terza vertebra lombare".

Il tutto, spiega il pm, "con l'aggravante di aver commesso il fatto abusando dei poteri inerenti alla qualità di appartenenti all'Arma dei carabinieri, e di aver approfittato di circostanze di tempo e luogo tali da ostacolare la privata difesa". Nicolardi, invece, avrebbe "taciuto ciò che sapeva in merito alle condizioni di salute di Stefano Cucchi" e "in merito alla responsabilità dei carabinieri D'Alessandro, Tedesco e Di Bernardo, tutti appartenenti al comando stazione carabinieri di Roma Appia, per le lesioni personali riportate dal Cucchi".

Inizialmente l'ipotesi era che Cucchi fosse stato picchiato nelle celle del Tribunale di Roma. Un esposto della famiglia e le motivazioni della sentenza d'appello hanno riaperto il caso, spostando l'attenzione al momento dell'arresto: secondo i giudici Cucchi "fu sottoposto a un'azione di percosse e non può essere definita una 'astratta congettura' l'ipotesi prospettata in primo grado, secondo cui l'azione violenta sarebbe stata commessa dai carabinieri che lo hanno avuto in custodia nella fase successiva alla perquisizione domiciliare". Stefano Cucchi morì una settimana dopo l'arresto, nella sezione protetta dell'ospedale "Sandro Pertini" di Roma.