L'attacco dei 5 Stelle: «Il cartello all'ingresso di Mesagne crivellato di colpi? Solo cacciatori delusi, altro che Scu»

Il cartello col nome di Mesagne crivellato di colpi
Il cartello col nome di Mesagne crivellato di colpi
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 21 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:39

L’attacco a quella che viene descritta come l’amministrazione delle apparenze e della poca sostanza non risparmia nemmeno il cartello stradale con la scritta “Mesagne” rimasto per 30 anni in via Tancredi Normanno bucato dai proiettili e fatto rimuovere dal sindaco Toni Matarrelli a febbraio dell’anno scorso.

La polemica politica

Anche quel gesto, sostiene il consigliere comunale d’opposizione, Carlo Ferraro (Movimento 5 stelle), si sarebbe portato dietro il peccato originale di dare enfasi a questioni del tutto, o per nulla, poco rilevanti. Tanto perché quella rosata di fori sarebbe stata causata, a parere di Ferraro, da cacciatori e non da esponenti della Sacra corona unita: «L’iconico cartello sforacchiato dai proiettili della Scu non era che il bersaglio di alcuni cacciatori delusi al ritorno di una battuta di caccia», un passaggio delle esternazioni contro l’attuale maggioranza. Ci sarebbe da chiedersi - alla luce del diametro dei fori del cartello - se 30 anni fa nei dintorni di Mesagne si praticasse la caccia ai cinghiali, se gia allora questi animali si aggirassero per le città, per cibarsi di rifiuti lasciati per strada.

Gli anni della Scu

La lettura del consigliere del M5s richiama comunque il clima che si viveva negli anni 80 e 90 quando tanto la criminalità comune che quella organizzata tenevano una cappa sulla vita e sulle abitudini della gente estranea a certi contesti. Quegli anni in cui bisognava cambiare strada se incontravi certe persone, che anche i bambini sapevano di non doverli guardare dritti negli occhi. Quegli anni in cui anche in una competizione sportiva poteva prevalere lo spessore criminale piuttosto che il valore degli uomini in campo. Quegli anni in cui la popolazione conosceva per nome e cognome le persone che comandavano con la forza, la violenza e finanche con gli omicidi. Quegli anni in cui sparare contro un cartello che indica il nome della città non scatenava l’indignazione che solleverebbe oggi dopo che l’azione martellante dell’autorità giudiziaria e delle forze con blitz e maxiprocessi (fra questi anche l’operazione Mediana di inizio del 2000) con ergastoli e decine di anni di reclusione, l’antimafia di Libera, delle associazione antiracket, delle parrocchie e del terzo settore hanno cambiato il volto di Mesagne.

Le battaglie per la legalità

La città ha organizzato il “Maggio della legalità” anche per ricordare la strage di Capaci e di via D’Amelio, impensabile che avesse potuto farlo quando 30 anni fa quando fu consumato quel gesto di sfida e di disprezzo verso i cittadini e lo Stato. Erano altri tempi, tempi in cui premere il grilletto era una cosa abbastanza diffusa e tollerata. Tempi in cui il valore della vita aveva un altro peso per chi girava armato di pistola con la matricola abrasa. Certo è che nessuna indagine penale ha mai chiarito chi crivellò di colpi il cartello di via Tancredi Normanno, l’ingresso da San Vito dei Normanni, come è certo il suo valore simbolico: «Quando ci passavi davanti non potevi fare a meno di guardarlo, quel cartello: nell’immaginario collettivo richiamava le organizzazioni criminali mafiose», sostiene Fabio Marini, coordinatore della Federazione regionale delle associazioni antiracket e antiusura della Puglia. «Quanta strada abbiamo percorso in questi anni, bisogna darne atto. Tuttavia ritengo che oggi ci sia ancora tanto da fare, ci sono ancora sacche della nostra popolazione sulle quali la criminalità potrebbe attecchire perché vivono in condizioni di povertà e di emarginazione. Vivono nella precarietà, sono facili preda dell’illusione del soldo facile e del riscatto personale». Il sindaco Matarrelli ha invece declinato l’invito ad una riflessione sulle valutazioni del consigliere comunale Ferraro.

Resta ora da vedere se quel cartello resterà nel suo studio privato, come annunciato l’anno scorso, oppure sarà esposto in un luogo pubblico per il suo valore simbolico. Perché a guardarlo i mesagnesi facciano una riflessione sul recente passato. Su come vivevano prima e su come vivono oggi. Al di là che a sparare siano stati “cacciatori delusi” o esponenti della Scu. 

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