Più tasse e meno lavoro: aumenta la povertà. E non è solo economica

Più tasse e meno lavoro: aumenta la povertà. E non è solo economica
di Maurizio DISTANTE
4 Minuti di Lettura
Lunedì 18 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 21:12
Cattivi, incavolati e poco inclini al perdono: in una parola, rancorosi. Questo è il ritratto dell’italiano medio, brindisino incluso, che viene fuori dal 51° rapporto stilato dal Censis, il Centro Studi Investimenti Sociali, sulla situazione sociale del Paese. Quella di sopra, ovviamente, è una generalizzazione che non si può estendere a tutti i cittadini in possesso del passaporto tricolore ma rappresenta un buon modello per descrivere lo stato d’animo degli italiani rapportato all’attuale situazione generale più che le macrocaratteristiche popolari.
Per trovare Brindisi spulciando la classifica redatta dai ricercatori Censis bisogna scendere parecchio in basso: non è una novità che la città non brilli quando c’è da misurare la qualità della vita, declinata in tutti i suoi aspetti, come conferma anche il 106° posto occupato nella classifica della vivibilità del Sole24Ore, pubblicata poche settimane fa. 
Dagli studi statistici e analitici emerge la difficoltà del territorio e della povertà della gente. Il Censis, per dirla tutta, riconosce la ripresa economica in atto, legandola ai buoni risultati di settori come l’export, dall’industria manifatturiera e dal turismo cui, però, fa da contraltare la mancata mobilità sociale, l’impossibilità di avanzare nella piramide gerarchica ed economica della società, che rappresenterebbe uno dei motivi principali del diffuso rancore.
L’analisi, ovviamente, è molto più complessa e articolata ma la fotografia della realtà brindisina non sembra discostarsi molto da quello emerso dall’indagine del Censis: Giuseppe Zippo, presidente provinciale dell’Adoc, l’associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, conferma i disagi sociali, soprattutto tra le fasce di popolazione più deboli, quelle colpite e stanche dopo anni di crisi che ha minato ogni certezza accumulata nel tempo con fatica e sacrificio.
 
«Le famiglie brindisine – afferma il presidente Adoc – sono prese d’assalto: la disoccupazione ha raggiunto livelli insostenibili; l’occupazione, quando c’è, è precaria. In uno scenario simile, trovare un motivo di speranza diventa molto difficile». 
Il tasso di disoccupazione, in effetti, è uno degli indici, non certo l’unico, maggiormente allarmanti, per quel che riguarda la realtà di Brindisi: secondo recenti studi statistici, quasi il 34% dei brindisini non ha un lavoro. Il dato globale, poi, aumenta se viene presa in considerazione la sola disoccupazione giovanile o le occupazioni saltuarie.
Ad aggravare il quadro già di per sé allarmante, secondo Zippo, c’è un regime fiscale che di certo non aiuta chi è in difficoltà, anzi. «I nostri sportelli, da anni, si occupano di famiglie che non ce la fanno a tenere il passo delle scadenze fiscali: la tassazione è troppo elevata e basta ritardare il pagamento di una bolletta o riceverne una errata per entrare in un pericoloso circolo vizioso, nel quale entrare, anche senza colpe, è facile, uscire è difficile». Le tasse, poi, dovrebbero restituire dei servizi, le cui estensione, qualità ed efficienza dovrebbero essere commisurate al capitale speso per la loro erogazione: per dirla con una semplice uguaglianza matematica, più tasse uguale più servizi. Anche se ci si esprime in formule, a Brindisi i conti paiono non tornare comunque: a detta del presidente Adoc, Brindisi è una città che non può contare su un “parco servizi” all’altezza dei bisogni e delle esigenze della popolazione e anche questo contribuisce ad alimentare l’ormai famoso “rancore” rilevato dal Censis su e giù per lo Stivale.
«I servizi sono pochi e funzionano male: non serve avere 100 euro in più in tasca se il territorio, poi, non offre i servizi e per quegli stessi servizi il cittadino, quello con le 100 euro in più e quello senza, deve rivolgersi al privato, a pagamento». In soldoni: chi ha qualche denaro in più lo spende a causa della mancanza dei servizi; chi quelle poche risorse in più non ce le ha o fa i salti mortali o rinuncia al servizio privato a pagamento. E, quando si parla di servizi, non si intende la spiaggia attrezzata: i servizi essenziali cui Zippo fa riferimento sono quelli che qualificano una società. La sanità, ad esempio: sta aumentando in maniera importante il numero di brindisini che rinuncia a fare prevenzione e anche a curarsi per mancanza di soldi.
Soldi che, però, sembrano non mancare quando si accendono le luci e partono i suoni delle slot machine: Brindisi, infatti, è la prima provincia della Puglia in fatto di gioco d’azzardo patologico, una vera e propria malattia che, paradossalmente, colpisce chi è più in difficoltà. «Tantissime famiglie sono in difficoltà: in tanti dilapidano interi patrimoni nel gioco d’azzardo, in tutte le sue forme, e questo ha pesanti ripercussioni sul territorio». La situazione, insomma, non è delle migliori: il rancore registrato dal Censis ha bisogno di qualcosa in più della ripresa economica che, comunque, pare essere ancora solo sulla carta. Serve la fiducia nelle istituzioni, in chi gestisce la cosa pubblica, in chi si propone a essere guida per gli altri. Cosa che, a Brindisi ma non solo, sembra essersi perduta da tempo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA