Il riferimento del presidente è sicuramente alla situazione delle chirurgie dell’ospedale Antonio Perrino che, a causa della mancanza degli anestesisti, non riescono a produrre volumi sufficienti. «Se si riescono a portare a compimento solo 6 o 7 interventi a settimana, si rischia di ricevere delle valutazioni negative che potrebbero avere delle conseguenze anche sul futuro della struttura stessa che, se non raggiunge degli standard fissati in fase di programmazione, potrebbe anche essere chiusa. I primi a essere penalizzati da questa situazione, ovviamente, sono i pazienti».
L’altra categoria a subire le conseguenze di un simile scenario, sempre secondo Oliva, sono i medici che non riescono a centrare gli obiettivi prefissati non per colpe loro ma per un’oggettiva impossibilità di incrementare la produzione, dovuta alla carenza di alcune figure professionali, come anestesisti e radiologi e altri, e alla cattiva organizzazione dell’intero sistema. «Chi si lamenta della mancanza di posti letto, non sa di che parla: io lo chiamo “il grande imbroglio”, visto che ci sono reparti, tutte le chirurgie del Perrino praticamente, che possono disporre di 20 o 30 posti ma che effettivamente ne possono usare solo 7 o 8. Il problema parte anche prima del ricovero dei pazienti: se non si riescono a effettuare tutti gli esami necessari e preliminari perché non si può sottoporre l’utente alla Tac o alla risonanza magnetica in fase di preospedalizzazione o se il paziente non può passare una visita cardiologica perché i colleghi sono impegnati nelle attività ambulatoriali, il sistema non può garantire uno standard sufficiente. Negli ospedali “normali”, si viene ricoverati il giorno dell’operazione o al massimo il giorno prima e dopo un paio di giorni si viene dimessi, garantendo un turnover che innalza gli indici e le valutazioni».
Così facendo, inoltre, si evitano anche le attese per gli interventi che, a Brindisi, possono durare diversi mesi. «Basta fare due conti: se posso operare più o meno una persona al giorno, è facile che le code si allunghino. Ci sono delle specialità, come la chirurgia senologica, le cui agende vanno da un anno all’altro e non certo per colpa dei medici che, al contrario, garantiscono il massimo e anche di più». In questo scenario trovano posto anche i mancati adeguamenti strutturali e tecnologici che contribuiscono a rendere il quadro ancora più complicato. «Abbiamo a disposizione una risonanza magnetica di nuova generazione, che potrebbe accorciare le liste d’attesa per quell’esame, che non è stata ancora installata perché mancano i lavori di schermatura e di impianto del macchinario; stiamo aspettando da oltre 2 anni i lavori di ristrutturazione del reparto di Rianimazione che è ancora diviso in due, sottraendo posti alla Neurochirurgia; al Pronto Soccorso del Perrino, poi, la situazione è ai limiti dell’assurdo, con l’azienda pronta da mesi ad allargare gli spazi riservati ai pazienti e ai loro famigliari, a garantire maggiore privacy e una migliore presa in carico dei casi ma questi lavori ancora non partono per motivi francamente paradossali e molto spesso incomprensibili».
Il messaggio, insomma, pare abbastanza chiaro: è ora di darsi una mossa e risolvere questi problemi perché il tempo a disposizione del sistema sanitario brindisino potrebbe essere meno di quel che sia lecito pensare e le conseguenze potrebbero essere pesanti e imprevedibili.