Dal carcere minacce al pm e direttive sulla nuova Scu

Dal carcere minacce al pm e direttive sulla nuova Scu
di Roberta GRASSI
4 Minuti di Lettura
Martedì 15 Maggio 2018, 07:23 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 18:42

Mafia, punto. Una nuova organizzazione, come sempre griffata Scu, che portava telefoni in carcere, comunicava all’esterno con lettere accorate, dalla cifra stilistica simil Gomorra, gestiva come sempre i traffici di droga e le estorsioni, pensava a recuperare denaro per il sostentamento dei detenuti e a estendersi con nuove affiliazioni. Con la sfrontatezza necessaria a minacciare (forse solo millantando) anche chi indaga: in particolare il pm della Dda di Lecce che si occupa del territorio brindisino.
La fotografia è la stessa di sempre. Le nuove direttive sono però in linea con quella che è la Sacra corona unita degli ultimi tempi: vige un patto di non belligeranza siglato perché in nessun luogo, in nessun modo si alzi il tiro, per non attirare i riflettori delle forze dell’ordine.
Ieri mattina, però, le forze dell’ordine (e in particolare la polizia di Stato della questura di Brindisi) hanno inferto un nuovo colpo a una frangia appena generata, attiva in tempi recentissimi. Gli agenti della Squadra mobile di Brindisi hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 12 persone, tre delle quali detenute, mentre le altre a piede libero. Due di esse sono incensurate. Si tratta di Raffaele Martena, di Tuturano, 32 anni; Antonio Campana, 39 anni, di Mesagne; Jury Rosafio, di Brindisi, 41 anni; Igino Campana, 63 anni di Mesagne; Ronzino De Nitto, 43 anni di Mesagne; Fabio Arigliano, 47 anni di Brindisi; Mario Epifani, 37 anni di Brindisi; Andrea Martena, 32 anni di Brindisi; Andrea Polito, 29 anni di San Pietro Vernotico; Vincenzo Polito, 33 anni, di San Pietro Vernotico; Enzo Sicilia, 33 anni di Mesagne; Nicola Magli, 37 anni di Brindisi.
L’accusa per tutti è di far parte di un’associazione mafiosa. Ad Antonio Campana è attribuito il ruolo di capo. Secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile di Brindisi Campana, detenuto a Terni al pari di Raffaele Martena, posto un gradino al disotto nell’organigramma rispetto al vertice, sarebbe riuscito a comunicare all’esterno anche con un telefonino fatto entrare in carcere. Avrebbe impartito ordini, richiesto il sostentamento dei detenuti a chi si trovava all’esterno. Campana avrebbe anche mostrato intenzioni vendicative nei confronti di un magistrato della Dda di Lecce, lo stesso che ha coordinato l’inchiesta che ne ha determinato l’arresto. Il pm è Alberto Santacatterina: il suo nome non figura nell’ordinanza ma è circolato a margine della conferenza stampa tenuta nella sede della Dda di Lecce.
L’inchiesta della Squadra mobile è partita proprio da accertamenti svolti all’interno dell’istituto detentivo di massima sicurezza di Terni, dove si trovano Martena e Campana: dai colloqui registrati è emersa una vera e propria chiamata a raccolta finalizzata a ricostituire un gruppo criminale autonomo e a fornire direttive a complici in libertà residenti in vari comuni della provincia di Brindisi.
Il progetto di controllo del territorio prevedeva l’utilizzo di metodi intimidatori sempre all’insegna della cosiddetta “pax mafiosa” con gli altri gruppi malavitosi. Era prevista tuttavia la possibilità di ricorrere ad atti di violenza, per lo più pestaggi, nei confronti di chi non rispettava le regole. Oltre ai classici interessi criminali, l’attività del gruppo si concentrava sull’imposizione di guadagni nei settori della pesca e della gestione dei parcheggi, anche il parcheggio dello stadio.
Le indagini della Squadra mobile (diretta dal vicequestore Antonio Sfameni) hanno intercettato il flusso di cosiddette “sfoglie” (pizzini) tra i soggetti coinvolti e sono state supportate dalle dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia che hanno riferito in merito alla pericolosità del contesto criminale e non su fatti specifici su cui si è indagato per lo più sulla base di attività tecnica, come le intercettazioni telefoniche, e dell’analisi del contenuto dei messaggi scritti in entrata e uscita dal carcere. La custodia cautelare in carcere per i 12 indagati è stata richiesta dal pm Alberto Santacatterina e disposta dal gip del Tribunale di Lecce, Carlo Cazzella dinanzi al quale si terranno gli interrogatori di garanzia.



 

© RIPRODUZIONE RISERVATA