Brindisi, ora il pentito parla anche degli omicidi di Foggia

Il pentito Andrea Romano parla di San Marco in Lamis
Il pentito Andrea Romano parla di San Marco in Lamis
di di Roberta GRASSI
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Venerdì 8 Aprile 2022, 19:21 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:34

Non solo dichiarazioni su Brindisi e sulle dinamiche locali. Ma anche informazioni “chiave” sulla mafia foggiana e sugli efferati crimini finiti sotto i riflettori nazionali. Uno dei collaboratori di giustizia ascoltati dalla Dda di Bari, e in particolare dal pm Ettore Cardinali, sulla strage di San Marco in Lamis, è il pentito brindisino Andrea Romano. 
In quella occasione, nel 2017, furono uccisi il boss di Manfredonia, Mario Luciano Romito, il cognato Matteo De Palma e anche due testimoni involontari, i contadini Aurelio e Luigi Luciani. 

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Ha riferito informazioni apprese in carcere


Romano è stato ascoltato dal magistrato e ha riferito, a quanto è stato riportato nei verbali, ciò che avrebbe appreso in carcere da altri esponenti dei clan dauni, in particolare da Emiliano Francavilla. 
«Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Romano Andrea – scrivono gli inquirenti, e riporta la testata online l’Immediato - raffigurano un quadro del tutto coerente con le risultanze dell’odierno procedimento penale». 
Pentito attendibile, insomma. Che ha raccontato ciò che sapeva sulle dinamiche brindisine, ma è andato oltre confine, sulla base di informazioni avute durante la detenzione nelle carceri di Voghera e Tolmezzo.
«Li crivellarono di colpi», ha specificato al pm. Ha anche aggiunto che gli erano stati «elencati vari omicidi».

E che gli era stato anche detto che era in corso una guerra di mala: «Stanno cercando di eliminare tutti, tutti coloro che possono intralciare questo percorso di malavita che stanno facendo, per avere la strada spianata e per prendersi tutto il potere loro, tutte le piazze di spaccio, tutte le estorsioni, tutti gli affari illeciti, attività commerciali diciamo». 

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Chi è Andrea Romano


Romano, ha deciso di collaborare con la giustizia nel dicembre 2020 nel bel mezzo di un processo per mafia, dopo la condanna all’ergastolo per un omicidio e un ferimento. Romano è figlio d’arte. Il suo debutto era avvenuto quando ancora era un ragazzino. Una serie di rapine aveva fatto sì che iniziasse ad entrare e uscire dal carcere. È stato uno dei primi detenuti inItalia a testare il braccialetto elettronico. Nel novembre 2014 era ai domiciliari, in piazza Raffaello, rione Sant’Elia. Scoppiò una lite, proprio il giorno di Ognissanti. La sera prima c’era stata una discussione durante una festa di Halloween. Romano, a quanto è poi emerso da un processo ormai definito, sparò e uccise Cosimo Tedesco e ferì il figlio Luca. I carabinieri lo cercavano, subito dopo i fatti, non si fece trovare. Scappò in Spagna, poi lo rintracciarono in un appartamento di San Vito dei Normanni. Aveva con sé un’arma, una Beretta calibro 9 corto con 6 colpi e matricola abrasa. Nel febbraio del 2020 fu arrestato in un blitz anti-mafia. L’operazione che certificò la sua “leadership” nella nuovamalavita brindisina. Ritenuto un referente per Brindisi dell’omonimo gruppo legato anche al cognome “Coffa”. A puntare il dito contro di lui proprio i pentiti, in particolare Sandro Campana, uno degli ultimi (fratello del boss Francesco) che ha fornito alcune indicazioni prima di togliersi la vita. 

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