Brindisi, a 47 anni nuova vita grazie al trapianto: «Sarà il capodano più bello»

L’omaggio nel 2020 di Chiara Conte e Salvatore D’Ambrosio agli “angeli del Covid” del Perrino
L’omaggio nel 2020 di Chiara Conte e Salvatore D’Ambrosio agli “angeli del Covid” del Perrino
di Lucia PEZZUTO
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Venerdì 31 Dicembre 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 22:17

BRINDISI - Affetta da diabete mellito rinasce dopo il trapianto: «Un dono che non ha prezzo, ora ho una seconda vita». Questa è la storia di una lunga battaglia, quella di Maria Lenoci, 47 anni di Brindisi, che sin da quando era una bambina è stata costretta a convivere con il diabete mellito. Oggi, dopo il trapianto del pancreas e di un rene si sente rinata e vuole ringraziare chi in questi anni l’ha curata e seguita regalandole una seconda vita.
«Avere il diabete mellito di tipo uno significa che il tuo pancreas non funziona come dovrebbe. Io ho scoperto di avere questa forma di diabete quando ero una bambina di sei anni. Avere sei anni e più vuol dire poter correre spensierati, vivere solo di giornate illuminate dal sole e dai colori», dice Maria. «La mia infanzia e la mia adolescenza sono state piene di sofferenza, ma anche dense di gioia grazie all’amorevole vicinanza di mamma, papà e di quanti mi voglio bene, che non mi hanno mai fatto mancare ciò di cui avevo bisogno. Come tutti i mali, anche il mio ha assunto tante forme e tanti modi per colpirmi. Il diabete, infatti, iniziò a complicarsi anche in una retinopatia, ma i miei occhi ripresero a fare il loro lavoro. La guarigione fu talmente miracolosa al punto che divenni un caso di studio. Tuttavia, della mia retinopatia non si seppe mai nulla, se non che ripresi a vederci perfettamente». Maria, nonostante le difficoltà connesse alla malattia ha sempre vissuto una vita con il sorriso. 
«Vi ho detto che la mia è stata ed è tutt’ora una vita felice e infatti, parlando di felicità, con gli anni sono diventata mamma. Ovviamente, anche questo momento speciale della mia vita non l’ho vissuto da sola», sottolinea. «C’eravamo io con il mio ospite indesiderato: il diabete. Infatti, durante la gravidanza sono andata in gestosi. Questo vuol dire che avevo la pressione alta, ero piena di edemi, perché i miei reni iniziavano a non funzionare bene. La mia bimba nacque a sette mesi, più bella che mai, mentre i problemi renali persistevano. Passarono tre anni, durante i quali mi sono dovuta autogestire. Circa tre anni dopo, però, in seguito ad una grave polmonite, venni ricoverata all’ospedale Perrino e mi fu diagnosticata un’insufficienza renale. Qui iniziò la mia difficile storia, per la quale, però, ci sarà un lieto fine». 

La malattia

Affrontare il diabete mellito tra medici e corsie di ospedale non è stato semplice ma come lei dice, alla fine c’è un lieto fine che le ha insegnato ad apprezzare la vita: “Per circa dodici anni sono stata seguita presso gli ambulatori del Perrino, ma letteralmente risolutivo è stato l’operato, riguardo al mio come a tanti altri casi, dell’équipe fondata dal dott. Luigi Vernaglione, primario del reparto di Nefrologia e Dialisi dell'ospedale Perrino. Infatti, sono stata affidata alle cure di questa grande squadra, che è guidata dal dottor Massimo di Tullio, anche lui nefrologo e con una lunga e luminosa esperienza nel campo. Al dott. di Tullio si affiancano la dottoressa Lucia Argentiero, nefrologa, e l’infermiera Graziana d’Amone, che si occupa di curare il nostro percorso nel periodo precedente e successivo il trapianto».
La vita può cambiare quando meno te lo aspetti e Maria è l’esempio di tutto questo. Nel finale c’è un nuovo inizio. «Tutto il senso di questa storia si esprime nel momento in cui ho ricevuto la chiamata da parte del Centro Trapianti di Padova: erano disponibili degli organi per me, il rene ed il pancreas.

La chiamata giunse nel cuore della notte, ma nonostante ciò sentì il bisogno di dirlo a chi fino ad allora aveva combattuto al mio fianco: Graziana. Al mattino c’era un aereo che mi avrebbe portata a Padova, dove la mia vita sarebbe cambiata per sempre- conclude Maria- Oggi non sono più diabetica, non dializzo più, posso vivere una vita normale, come tutti voi. Ma come è cambiata per me, questa vita può cambiare per tante persone. Infatti, non immaginiamo nemmeno quanta speranza e quante aspettative l’Équipe Trapianti, guidata dal dottor Di Tullio, diventano realtà per tante persone che come me erano legate a una macchina. Il mio, come quello di tanti altri, non è stato solo un percorso clinico, ma anche un percorso umano, durante il quale sono stata aiutata, e ho imparato, ad affrontare psicologicamente le difficoltà che mi si presentavano numerose, giorno dopo giorno. Si tratta di un dono che non ha prezzo: una seconda vita».

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