Omicidio dei “padellari” Cairo e Spada: a distanza di 20 anni fermati due fratelli a Brindisi.
La testimonianza: cadavere fatto a pezzi e sciolto nell'acido

Salvatore Cairo e Sergio Spada
Salvatore Cairo e Sergio Spada
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Giovedì 3 Marzo 2022, 08:05 - Ultimo aggiornamento: 19:57

Questa mattina i poliziotti della Squadra mobile di Brindisi hanno messo in stato di fermo i due fratelli Cosimo Morleo ed Enrico Morleo con l'accusa di omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dal metodo mafioso di Salvatore Cairo e Sergio Spada, commercianti di articoli per la casa e fra i protagonisti dell'epopea della vendita di padelle porta a porta, eseguiti rispettivamente a maggio del 2000 a novembre del 2001.

 

Mandante ed esecutore

Il primo viene indicato come mandante, il fratello come esecutore dalle indagini condotte dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Milto de Nozza, cion i poliziotti della Questura brindisina.

La “lupara bianca” di Cairo: fatto a pezzi

Riguardo all'omicidio di Cairo il movente individuato dagli inquirenti è l'ammanco di diversi milioni di lire nella società Golden Star (azienda di articoli per la casa), ritenuta riconducibile a Cosimo Morleo ed allo stesso Cairo, poi liquidata a seguito della sua scomparsa. Ed ancora, secondo la ricostruzione delle indagini Cairo era stato ritenuto da Morleo reo di avere violato l'obbligo di dedicarsi solo alle vendite "porta a porta", costituendo la società Indoor. L'omicidio sarebbe stato consumato con estrema brutalità: il corpo fatto a pezzi e fatto scomparire, modalità da "lupara bianca".

Spada e le società

L'assassinio di Sergio Spada sarebbe maturato invece nella convizione di  Cosimo Morleo che si fosse intromesso nei rapporti fra Mc Europa con le società Tutto e Inox Pran.

Ed anche per avere stipulato un preliminare di di compravendita con il legale rappresentante della Indoor per l'acquisto di un capannone già comprato da Cairo e  su cui aveva messo gli occhi Cosimo Morleo. Capannone danneggiato poi dopo la morte di Spada.

L'inchiesta

L'inchiesta ha ripreso il via a settembre con le dichiarazioni di alcuni "collaboranti" ed hanno acquisito riscontri con intercettazioni telefoniche e testimonianze. Sono due le testimonianze chiave che, insieme ai riscontri, hanno consentito agli inquirenti di dare una svolta al "cold case" dei due imprenditori. Una è quella del fratello dei due indagati, Massimiliano Morleo, che ha deciso di collaborare con la giustizia, l'altra è stata resa da un uomo, che all'epoca dei fatti aveva appena 18 anni, che per motivi di lavoro si trovò nel luogo in cui, stando al suo racconto, il cadavere di Cairo veniva brutalmente fatto a pezzi per poi essere distrutto con il fuoco e con l'acido. Quest'ultimo ha raccontato ai poliziotti della Squadra mobile e al pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza di essere stato all'epoca dei fatti minacciato di morte e per questo di non aver mai rivelato quanto aveva visto. A convincerlo a deporre, una volta saputa la verità, è stata la moglie.

Le intercettazioni

Nel provvedimento di fermo ci sono anche le intercettazioni delle conversazioni di uno dei due indagati che, prima di essere arrestato, rappresentava il timore alla compagna di passare in cella il resto della sua vita. 
Per condurre le indagini, riaperte dopo la collaborazione di Massimiliano Morleo, è stata ricostruita la stessa squadra investigativa che aveva operato fino al 2003 e che aveva dovuto arrendersi, all'epoca, alla mancanza di elementi certi per procedere. In campo anche l'attuale primo dirigente Vincenzo Zingaro, all'epoca dei fatti capo della Squadra mobile.Per entrambi gli indagati il pm ha ritenuto fosse concreto il pericolo di fuga. In una conversazione emerge che uno dei due aveva dichiarato di aver "preparo le valigie".

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