Il porto verso il collasso: a Conte la richiesta del Tavolo di crisi

Il porto di Brindisi
Il porto di Brindisi
3 Minuti di Lettura
Sabato 21 Dicembre 2019, 15:13
Il rallentamento, anzi la stasi, di vari procedimenti comporta il grave pericolo di definanziamento di alcuni progetti. Non è certo una lettera di auguri natalizi quella che Ugo Patroni Griffi, presidente dell'Autorità portuale di sistema, ha inviato a Palazzo Chigi per richiamare l'attenzione sulla situazione occupazionale di Brindisi, ma soprattutto sui piani che si dovrebbero realizzare e che invece, lamenta, rimangono chiusi nel cassetto. E' un atto di accusa quello che il guardiano del porto ha inviato in un documento di otto pagine al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, al responsabile del dicastero per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli, oltre al presidente della Regione Michele Emiliano e al prefetto di Brindisi Umberto Guidato. Un'articolata disamina sul futuro del bacino brindisino in vista dei processi industriali che, con la decarbonizzazione della centrale Enel su tutti, non si affrontano. E per questo motivo Patroni Griffi, accelerando il pure sulle categorie imprenditoriali e sindacali e bypassando pure l'amministrazione comunale, si rivolge al premier per chiedere l'urgente convocazione di un Tavolo tecnico istituzionale di crisi per individuare - motiva il presidente dell'Adspmam - in particolare le strategie di rilancio delle attività portuali. 

Anche se non direttamente citato, è con il sindaco di Brindisi Riccardo Rossi il braccio di ferro che Patroni Griffi ha praticamente elevato a questione di Stato. Che i rapporti istituzionali tra i due enti siano difficili è noto da tempo: sul fronte del porto l'attivismo di un vertice che vorrebbe realizzare opere capaci di fronteggiare sia le richieste dei mercati internazionali che le riconversioni dell'industria energetica; sul profilo politico-amministrativo l'andamento lento di una gestione che secondo gli addebiti più teneri ha deciso di non decidere. 

Nella richiesta a Conte, ingentilita dal si prega di valutare l'urgente convocazione del Tavolo di crisi, si parla di necessarie misure di mitigazione dei gravissimi riflessi negativi irreversibili derivanti dalla definitiva interruzione dei traffici portuali connessa alla cessazione dell'operatività della centrale Enel e per l'implementazione dell'attrattività delle Zes, anche attraverso l'istituzione di una zona franca doganale che costituisca fattore positivo di nuovo sviluppo industriale nelle aree retroportuali. 

Il nodo non è un ripensamento o un rallentamento del processo di decarbonizzazione. Piuttosto c'è la presa d'atto che nel prossimo biennio sarà movimentato solo un milione di tonnellate di fossile rispetto ai 6 milioni del decennio scorso, e che in futuro il quasi azzeramento disegna scenari occupazionali e di indirizzo dello scalo brindisino necessari di accompagnamenti e investimenti immediati. Pena l'accumulo del ritardo e la perdita di finanziamenti a scadenza. 

Dentro tutto ciò ci sono lavoro e prospettive: È stato calcolato - ha scritto Patron Griffi al premier Conte - che la forza lavoro operante in porto oggi sfiora le 4.000 unità e verosimilmente la cessazione delle attività Enel darà luogo ad un ridimensionamento di almeno il 20%, e pertanto lo scenario complessivo al 2025 vedrà un effetto sulla situazione della forza lavoro della città di oltre 2.000 unità in meno, su una popolazione complessiva di circa 90.000 abitanti, con conseguenze devastanti sul piano sociale, in un contesto già caratterizzato da un tasso di disoccupazione che sfiora il 20% ed un tasso di disoccupazione giovanile pari al 46% circa.

Le colmate, gli ormeggi, la realizzazione del pontile con briccole, gli adeguamenti strutturali né promossi né bocciati ma impastoiati nei cassetti determinano quella stasi che rischia un'inedia irreversibile, contrastabile solo attraverso una sostanziale e coraggiosa riconversione dello scalo brindisino. Diversamente, è il ragionamento, si prevedono ripercussioni negative con una perdita complessiva di 4 milioni di euro, su un bilancio corrente di 24 milioni capace di coprire le spese correnti di oggi valutate intorno ai 23 milioni. Una flessione del 16,6% che, l'analisi finale, potrebbe generare un collasso dell'Autorità di sistema nonostante le buone performance di Bari, Manfredonia, Barletta e Monopoli.
M.D.M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA