Nella community mondiale dei nomadi anche un brindisino: «Un'occasione per conoscere il mondo». Ecco chi è

Matteo Manfreda
Matteo Manfreda
di Antonio SOLAZZO
4 Minuti di Lettura
Domenica 19 Marzo 2023, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 09:47

Lo sviluppo tecnologico, che in questi ultimi anni ha toccato probabilmente il suo apice, ha rivoluzionato anche il modo di lavorare. È diventato sempre più frequente, infatti, trovare dipendenti che preferiscono rimanere a casa ed esercitare in smart working: molti hanno conosciuto questa dinamica durante il grigio periodo della pandemia da Covid-19 che, tra lockdown e zone rosse, ha limitato notevolmente gli spostamenti obbligando le persone a lavorare dal proprio computer e dalla propria stanza di casa. Per molti, però, lo smart working è una vera e propria scelta di vita che consente di andare alla ricerca di nuovi posti. È questo il caso di Matteo Manfreda, 25 anni di Brindisi.

La figura


Attualmente si trova a Las Palmas ed è un freelance con gli orizzonti larghi e con i fari puntati verso il mondo: «Nelle mie esperienze precedenti ho lavorato in diverse aziende di consulenza, ma dopo il Covid ho voluto chiudere con loro perché sono cambiate le modalità di lavoro e inoltre volevo cercare nuovi stimoli», esordisce Matteo Manfreda. «Ho deciso di aprire la partita Iva, mettermi da freelance e girare un po’ il mondo, cercando di unire la mia voglia di viaggiare e di esplorare nuovi posti e culture con il lavoro che facevo e faccio attualmente. Ho iniziato a lavorare con una compagnia tedesca a un progetto, ora lavoro nuovamente con una compagnia italiana: il mio lavoro è sostanzialmente quello di progettare architetture software e poi, successivamente, anche sviluppare software per progetti e compagnie in base a quella che è la richiesta.

Il tipo di software che progetto è inerente ad architetture sviluppate in cloud su tecnologie abbastanza moderne, le stesse tecnologie che sono incentivate da Facebook, Google, Microsoft, quindi finalizzate all’elaborazione di sistemi complessi, altamente scalabili e resilienti al traffico. Parliamo quindi di progetti e architetture predisposte a supportare tanto traffico, tanta mole di dati da parte di sollecitazioni esterne, quindi dagli utenti nel mondo».


La scelta di cambiare stile di vita ed essere per certi versi indipendente e in smart working ha naturalmente pro e contro che bilanciano l’esperienza: «Sicuramente il vantaggio principale è quello di poter scegliere dove vivere e, nel mio caso, di viaggiare ed esplorare più realtà per capire quella che fa più al mio caso. Non si è vincolati a grandi città come Milano o Roma e quindi non si affronta la problematica dei trasporti pubblici: banalmente, il tempo che risparmio nel prendere mezzi se fossi stato a Milano lo metto in un’ora di dormita in più o in un’ora di allenamento al campetto di basket o in spiaggia qui a Las Palmas. Sotto questo punto di vista c’è un grande risparmio di tempo. Lo svantaggio è quello di non avere interazioni fisiche con i colleghi, ma con delle regole come webcam sempre accesa e riunioni del venerdì si riesce ad ammortizzare la distanza. Ci sono anche aziende dove sono stato in cui solitamente, due volte all’anno (una in inverno e una in estate) si fanno delle feste per stare tutti insieme e creare quindi una connessione più forte tra i vari colleghi».
La sua esperienza prosegue a gonfie vele tramite una attenta analisi della clientela che permette di essere sempre aggiornato e preso in considerazione dalle aziende. Vivere con le comunità straniere è, inoltre, uno degli aspetti decisivi per il funzionamento del progetto: «Lavoro da Las Palmas ma probabilmente a breve mi sposterò in Portogallo. Questa flessibilità l’ho ottenuta attraverso una ricerca dei clienti, una ricerca di collaborazioni con aziende sempre con un filtro ben preciso, ovvero quello di scegliere dove non è richiesta la presenza in sede. Ho sempre svolto collaborazioni che mi consentissero di girare, di viaggiare. Aver aperto la partita Iva mi ha aiutato in questo, perché delle volte hai svantaggi in termini contrattuali ma puoi dettare la flessibilità su te stesso, senza sottostare a dei contratti ben definiti dall’azienda come dipendente. Delle volte, anche solo per scopi assicurativi o per polizze aziendali interne, non si può lavorare da fuori e questo è un altro aspetto positivo del setup da nomade. La parte di community dei nomadi è molto bello: qui a Las Palmas ce n’è una molto grande e ogni martedì, per esempio, c’è un bar che dalle 19 a mezzanotte permette un incontro tra nomadi, ci si prende una birra, si conosce gente e c’è davvero tanta connessione. La community è veramente tanta roba perché pur partendo da solo sai che riuscirai a trovare compagni di viaggio, di avventure: molto spesso non ci si limita a una connessione professionale ma si punta soprattutto a una connessione umana, si fanno escursioni, si condividono momenti non esclusivamente lavorativi», conclude Matteo Manfreda.

© RIPRODUZIONE RISERVATA