Un brindisino su 4 non paga le tasse: «C’è uno zoccolo duro di evasori»

Un brindisino su 4 non paga le tasse: «C’è uno zoccolo duro di evasori»
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Venerdì 8 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 16:43
«La situazione è sicuramente delicata. Potremmo definirla un po’ grave ma vogliamo evitare di creare catastrofismi o pensieri particolarmente pessimistici». Così il sub commissario del Comune di Brindisi Michele Albertini ha definito in breve la situazione dei conti di palazzo di città in una conferenza stampa tenuta insieme al commissario straordinario Santi Giuffrè.
Conferenza resasi necessaria dopo le richieste di chiarimenti avanzate da molti partiti e movimenti cittadini che, in effetti, non a caso ieri mattina erano presenti nel salone “Mario Marino Guadalupi”.
Il primo e più problematico fronte è quello delle entrate, principalmente derivanti da tasse, tariffe e fitti, che dopo l’introduzione del federalismo fiscale rappresentano l’entrata principale degli enti locali, a differenza del passato, quando le spese dei Comuni erano coperte quasi totalmente dai trasferimenti statali. «In tutto il Sud - sottolinea Albertini - si soffre perché ci sono situazioni sociali delicate e la riscossione diventa il punto debole. E Brindisi no fa eccezione».
Basti pensare che l’entrata per la Tari prevista è di circa 19 milioni ma in realtà il Comune ne riesce ad incassare solo 14. E lo stesso vale per l’Imu: su 14,5 milioni di accertamento, se ne incassano poco più di 10. Ovvero, come per la Tari, il 75%. E la stessa percentuale ritorna anche sul fronte del recupero dell’evasione. «C’è quindi - denuncia il sub commissario - un 25% ormai accertato di “zoccolo duro” che, probabilmente, non paga proprio nulla: Ici, Tari, niente di niente».
 
Questo crea un enorme problema con il bilancio cosiddetto “armonizzato”, in vigore ormai da qualche anno. Proprio per evitare che i residui attivi, ovvero i crediti vantati dal Comune, possano impattare duramente sul bilancio in caso di mancato incasso, l’ente ha l’obbligo di creare un apposito fondo per i crediti di dubbia esigibilità pari al 50 per cento del valore dei crediti “incerti”. Che per il Comune di Brindisi, allo stato attuale, si aggira intorno ai 25 milioni. E questo solo per il 2017, perché nel 2018 si passerà al 75% e nel 2019 al 100%.
«Il fondo - riferisce il sub commissario - dovrebbe essere circa di 12 milioni di euro, tendenzialmente in aumento, circa 20, per il 2018. Questi sono dati che parlano già da soli: la situazione che l’ente si porta dietro impedisce azioni particolarmente incisive. Non possiamo fare voli pindarici sulle spese».
E proprio le uscite rappresentano il rovescio della medaglia dei guai del bilancio dell’ente di piazza Matteotti. Il primo problema è il mancato esercizio della discarica di Autigno, che toglie al Comune un’entrata da 5 milioni all’anno. «Anche se - fa notare Albertini - nel pluriennale sono stati inseriti quai 5 milioni sia per il 2018 che per il 2019. Sono stati ottimisti, evidentemente speravano che il 2017 fosse l’anno della risoluzione dei problemi e il 2018 quello della riapertura ma questo, probabilmente, non succederà e quei 5 milioni di entrate, quindi, non ci saranno».
Ma è soprattutto il contenzioso potenziale che spaventa l’ente. In particolare quello ambientale. «È - non usa mezzi termini il sub commissario - una bomba ad orologeria. Solo con i ricorsi di Nubile, Ecogas, Formica, Tradeco siamo all’incirca a 50 milioni di euro di richieste. Se malauguratamente queste ditte dovessero avere tutte ragione, sicuramente l’ente andrebbe verso un’ipotesi di dissesto. Ma si tratta di giudizi lunghi, alcuni appena cominciati. Devo dire però che alcuni sono molto pericolosi, mentre altri un po’ meno». E siccome si tratta di casi difficili, il Comune sta valutando la possibilità di farsi affiancare da esperti del settore, per provare a “disinnescare” la bomba.
Altre uscite pesanti sono quelle che riguardano il ricovero dei minori stranieri (5 milioni di spesa all’anno, 2 dei quali recuperati e 3 a carico del Comune) e le rette di ricovero (5,3 milioni di spesa con un incasso simile al precedente). Molto basse, in questo caso per scelta del Comune, le percentuali di copertura delle spese dei servizi a domanda individuale, in particolare impianti sportivi (su 1,5 milioni di costi annuali l’incasso è di 250mila euro) e asili nido (800mila euro di spesa, 320mila euro di incassi).
«Con questa grossa sofferenza sulle riscossioni - chiarisce Albertini - è evidente che le spese non possono rimanere quelle di sempre. Questo deve essere chiaro». E allora cosa ha fatto il Comune per correre ai ripari?
Monitoraggio costante delle spese, alienazione dei beni immobiliari dell’ente non funzionali all’attività istituzionale, ricontrattare le rette e favorire le coop disposte ad avvicinare i prezzi alla media nazionale, contatto costante con Abaco per accelerare le riscossioni, ingiunzioni di pagamento per gli affitti delle case popolari non pagati e, soprattutto, interventi affinché la Multiservizi (costata al Comune nel 2017 in tutto 3,5 milioni di euro) non gravi più sui conti dell’ente per il ripiano delle perdite.
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