Doppio deposito costiero: Brindisi si interroga sui benefici per le Zes

Doppio deposito costiero: Brindisi si interroga sui benefici per le Zes
di Oronzo MARTUCCI
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Mercoledì 3 Agosto 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 22:43

Brindisi non si è fatta mai mancare niente. Nel secondo Dopoguerra, negli anni del boom industriale, ha accettato di ospitare il Petrolchimico così come nello stesso periodo Taranto ha accettato il siderurgico più grande d’Europa. Le strutture portuali di entrambe le città ben si prestavano a ospitare gli insediamenti e nei dintorni vi era tanta manodopera in attesa e nella speranza di un lavoro stabile per evitare di intraprendere la strada dell’emigrazione verso la Germania e il Belgio e verso Torino e Milano. Nei primi anni Sessanta a Brindisi è nata la centrale Enel di Costa Morena, alla quale nel corso degli anni si sono aggiunti la centrale Edipower (nel Petrolchimico) e il mega impianto Enel di Cerano con una potenza installata di 2.640 megawatt. Sulla città (ma anche nell’area a Sud) si è riversato un carico inquinante difficile da sostenere, finché non si è arrivati a discutere di transizione energetica, di metano, di idrogeno, di energie rinnovabili. Nonostante ciò, per motivi inspiegabili, la Commissione europea ha destinato 1 miliardo di euro circa a sostenere progetti di riqualificazione per le aree della Sulcis (in Sardegna) e di Taranto, ma non ha ritenuto che l’area di Brindisi potesse avere diritto a utilizzare quelle risorse.


Brindisi non si è fatta mai mancare niente: anche ora, mentre cerca il futuro, si ritrova ad essere stata scelta per ospitare due realizzazioni di forte impatto su porto, il quale è il perno dell’area industriale. Il primo progetto, presentato dalla società Brundisium, prevede la costruzione sulla banchina di Costa Morena Riva di sei serbatoi di stoccaggio di prodotti petroliferi (tre a benzina e tre a gasolio) di altezza di 16,50 metri, per una capacità totale del deposito di 27.000 metri cubi utili di prodotto stoccato. L’altro progetto, proposta da Edison, prevede, sulla banchina di Costa Morena Est, la costruzione di un serbatoio di Gas naturale liquefatto (gnl) verticale a pressione atmosferica con una capacità di 19.500 metri cubi, che si contraddistinguerà per una serie di servizi specifici come quello dell’approvvigionamento del gas attraverso una nave di piccola taglia da un terminale di rigassificazione. Sono previsti attività di stoccaggio nel deposito e la vendita del combustibile ai mezzi pesanti, attraverso la distribuzione, via terra, con autobotti o rifornimento navi.
Si tratta di due impianti che sicuramente garantiranno occupazione nell’area di Brindisi e alimenteranno un indotto non indifferente, garantendo il rafforzamento delle attività collegate alla logistica. Senza impianti di produzione energetica non si va da nessuna parte e non si può immaginare alcun tipo di sviluppo. Quando si parla dell’idrogeno come fonte energetica alternativa, bisogna tenere conto che ci vorranno anni per passare dalle parole ai fatti, per sostituire le attuali fonti.

Basta vedere cosa accade nei porti italiani e stranieri per capire che è così. E poi, anche il turismo ha bisogno di energia. 

Gli interrogativi

Tuttavia non si capisce perché Brindisi debba continuare a non farsi mancare nulla quando si tratta di ospitare impianti che se anche non sono inquinanti provocano sicuramente un impatto ambientale e di contesto non indifferente. Vi è da chiedersi: perché un deposito di gnl e perché un deposito di prodotti petroliferi entrambi localizzati a Costa Morena di Brindisi? Si dirà: perché Brindisi è (anche) un porto industriale e se vuole continuare a esserlo deve attrezzarsi di serbatoi e di ogni altra infrastruttura di servizio per rafforzare la sua vocazione produttiva, per attrarre investitori interessati ai benefici fiscali e alla semplificazione burocratica (sportello digitale in arrivo e Autorizzazione unica in tempi certi) legati alla Zona economica speciale (Zes) e alla Zona franca doganale (Zfd) istituita che sta riscuotendo interesse sempre crescenti. L’area Zes di Brindisi è la più importante e anche la più estesa tra quelle che ricadono nel recinto della Zona economica speciale interregionale Puglia-Molise collegata all’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico meridionale. La Zona franca doganale di Capobianco, nel porto, rafforzerà l’attrattività dell’intera area. Dunque, si tratta di verificare qual è l’impatto in termini positivi e in termini negativi che i due depositi autorizzati avranno sull’area industriale di Brindisi, sul porto e sulla città. Ma sinora è accaduto che chi aveva interessi legittimi da far valere ha presentato i progetti, richiesto e ottenuto le autorizzazioni necessarie per realizzarli. Chi doveva esprimere pareri o partecipare ai percorsi decisionali, per condizionarli e indirizzarli, si è fermato a contestare, a dire No, Anche il fronte Comune-Regione è venuto meno. Il sindaco Riccardo Rossi e il presidente Michele Emiliano sembravano in sintonia nel dire no. Poi, al momento della scelta sono arrivate le autorizzazioni della Regione (che decide comunque sulla scorta di leggi e regolamenti). Il sindaco Rossi si è ritrovato a perdere l’alleato e a rimanere muto sul via libera del deposito di carburante. Anche gli ambientalisti sono rimasti in silenzio, probabilmente perché si aspettavano un sostegno incondizionato della Regione e di Emiliano. La campagna elettorale per le politiche alle porte e quella per le amministrative della prossima primavera (con Rossi già in corsa) hanno silenziato molti contestatori. Si vedrà nei prossimi giorni cosa accadrà. In ogni caso nel corso degli anni sono mancati un piano di sviluppo e la definizione di un percorso condiviso per arrivare a disegnare un futuro nel quale impianti industriali sostenibili, turismo, agricoltura e altre attività potessero stare insieme: ogni attività al proprio posto, sapendo che senza manifatturiero, senza industria e anche senza agricoltura non si va da nessuna parte.

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