Convenzione con l'università, dai giudici batosta da 3 milioni di euro per la Provincia di Brindisi

Una delle sedi universitarie a Brindisi
Una delle sedi universitarie a Brindisi
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Mercoledì 22 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:37

Batosta milionaria sul bilancio della Provincia di Brindisi. Il Consiglio di Stato, infatti, ha confermato in via definitiva la sentenza del Tar di Lecce che nel 2017 aveva annullato il decreto ingiuntivo da 3 milioni euro ottenuto dalla Provincia ed emesso dallo stesso Tribunale amministrativo regionale.

La querelle giudiziaria

La questione risale all’epoca dell’amministrazione Mennitti, quando l’allora sindaco aveva stipulato la proroga della convenzione con le università di Bari e Lecce per i corsi di Economia aziendale, Informatica, Ingegneria gestionale, Ingegneria aerospaziale, e Scienze sociali, politiche e del territorio. Per chiudere il bilancio in pari, tuttavia, l’impegno di spesa non era stato inserito nei conti del Comune, che dunque a quel punto avrebbe dovuto riconoscere la somma come debito fuori bilancio. Una spesa di fatto non coperta che per anni è rimasta sommersa.
Fino a quando non è esploso il bubbone. La convenzione per l’attivazione dei corsi universitari, in effetti, prevedeva che gli enti cofinanziatori si impegnassero a erogare alla tesoreria dell’ateneo i fondi previsti per il tramite della Provincia, al fine di garantire la continuità del flusso finanziario. Era l’ente di via De Leo, dunque, non solo a pagare materialmente l’università ma anche ad eseguire la verifica delle rendicontazioni di spesa presentate dai due atenei. La Provincia ha regolarmente provveduto a trasferire alle università quanto dovuto, di fatto anticipando la somma anche per conto del Comune, al quale ha poi fornito la comunicazione dell’avvenuto pagamento richiedendo il rimborso delle quote di competenza.

Il decreto del Tar e la prima sentenza

Dopo vari tentativi di composizione bonaria della questione per evitare un contenzioso tra enti pubblici, la Provincia ha deciso di agire e si è rivolta al Tar di Lecce, competente quando si tratta di accordi tra enti locali. Quest’ultimo ha emesso, nel 2016, il decreto ingiuntivo. Che il Comune ha deciso di contestare. Ed a ragione, secondo i giudici amministrativi. Lo stesso Tar che aveva emesso il decreto ingiuntivo, infatti, pur riconoscendo la validità delle convenzioni, sottolineava che queste “prevedevano che gli stessi (gli enti promotori, ndr) provvedessero ai rispettivi pagamenti, sia pure per il tramite della Provincia di Brindisi: i promotori, cioè, erano tenuti a versare le somme dovute alla Provincia, affinché questa le trasferisse poi agli enti universitari”.

Non vi era, dunque, alcun obbligo da parte dell’ente di via De Leo di sopperire alle mancanze altrui.

La decisione del Consiglio di Stato

Una posizione confermata anche dai giudici dell’ultimo grado del processo amministrativo. “Alla luce della complessa documentazione in atti, del tutto condivisibile si rivela, poi, il ragionamento - si legge nella sentenza del Consiglio di Stato - che ha condotto i giudici di prime cure ad escludere la possibilità di far discendere dal ruolo di semplice ‘referente’ assunto dalla Provincia di Brindisi negli accordi siglati e negli atti integrativi un’obbligazione solidale il cui adempimento potesse dare origine al diritto della Provincia stessa al regresso nei confronti del Comune di Brindisi. In nessuna delle convenzioni stipulate tra le parti risulta, infatti, essere stato stabilito un obbligo per l’appellante di anticipare agli atenei la quota di compartecipazione di competenza di altri enti firmatari, nell’eventualità in cui essi non avessero provveduto al pagamento, venendo, anzi, specificato negli accordi che gli enti finanziatori corrispondessero i contributi posti a loro carico semplicemente ‘per il tramite della Provincia’ e che questa provvedesse a ‘riversare’ alle università le somme ricevute dagli altri soggetti”.
L’interpretazione fornita dal Tar, dunque, risulta “del tutto ragionevole, nonché immune dai vizi logici dedotti dall’appellante, le cui tesi non possono, come detto, trovare accoglimento in questa sede”.

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