Centrale elettrica, stop al carbone nel 2025: Enel presenta il piano

Centrale elettrica, stop al carbone nel 2025: Enel presenta il piano
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Domenica 11 Luglio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 07:57

BRINDISI - Mentre Enel resta in attesa dell’esito della Valutazione d’impatto ambientale per il progetto di “Sostituzione delle unità a carbone esistenti con nuove unità a gas presso la centrale termoelettrica di Brindisi sud Federico II”, l’azienda si sta comunque organizzando in vista della decarbonizzazione. Poche settimane fa, infatti, ha presentato al ministero della Transizione ecologica il piano di cessazione definitiva, entro il 31 dicembre 2025, dell’utilizzo del carbone per i tre gruppi ancora in funzione, come prescritto dalla più recente revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale.
“Il programma - si legge proprio nel parere istruttorio allegato al decreto Aia - dovrà essere coerente con le tempistiche di cui alle fasi da T0 a T8, comunicate all’autorità competente con nota protocollata Enel del 31 gennaio 2019, e definire univocamente la data di inizio e fine del processo di messa fuori esercizio”.
In sostanza la prescrizione, fortemente richiesta da Regione, Provincia e Comune di Brindisi, prevedeva la necessità di dettagliare il piano di fermata definitiva, pulizia, protezione passiva, messa in sicurezza e aggiornamento della relazione di riferimento per i gruppi termoelettrici alimentati a carbone, corredato del relativo cronoprogramma. Prescrizione alla quale Enel ha ottemperato poche settimane fa.
Ma questo è solo uno dei tasselli del cammino che porterà alla decarbonizzazione della centrale. Il passaggio più importante, tuttavia, è ancora incompleto. Senza la Valutazione d’impatto ambientale positiva per il progetto di “riconversione” della centrale, infatti, il rischio che il termine del 31 gennaio 2025 possa trascorrere senza che nulla accada è molto concreto.
Proprio mentre Enel presentava il piano di uscita dal carbone, infatti, la commissione tecnica Via richiedeva alla società una lunga serie di chiarimenti ed integrazioni sul progetto. Richiesta a fronte della quale, a metà maggio, sono state depositate le controdeduzioni. A questo punto, dunque, si attende la riapertura dei termini per la presentazione delle osservazioni da parte del pubblico.

Le richieste del ministero

Tra le richieste di integrazioni richieste dalla commissione Via, la presentazione di alternative tecnologiche “che compendino l’opportunità di conservare la produttività del sito, incrementandone l’efficienza, e la compatibilità ambientale dell’opera in un’area già pesantemente condizionata dall’attività in esercizio. In particolare devono essere esaminate quelle alternative che prevedano una produzione anche parziale basata sulle fonti rinnovabili o una più contenuta taglia dell’impianto”. Tutto questo per rendere più coerente il progetto non solo con gli obiettivi di transizione energetica ma anche “con le più probabili richieste del mercato, considerata anche la produzione di energia della centrale negli ultimi anni”.
Ma anche per “ridurre l’impatto assoluto su tutti i comparti ambientali in considerazione della reale attività del sito che, negli ultimi anni, risulta molto ridimensionata rispetto alla produzione autorizzata”. E infine per “contenere le emissioni di Co che in fase 3, su alcuni recettori sensibili determinano un incremento, seppur modesto delle concentrazioni massime”. Ma la commissione chiede di approfondire anche le alternative localizzative per il metanodotto e per le nuove opere da realizzare. E riguardo al combustibile, occorre un piano fino al 2030 che evidenzi la graduale riduzione dei combustibili fossili e dunque delle emissioni, con contestuale aumento della produzione da rinnovabili.
Rispetto alle dismissioni di fine esercizio, poi, “occorre approfondire il quadro degli interventi previsti identificando fin d’ora i necessari interventi di riqualificazione del territorio a compensazione finale degli impatti determinati che, se per lo scenario ante 2025 appaiono ridimensionati nel confronto con la configurazione d’impianto autorizzata, nello scenario post 2025 risultano incrementali”. Infine, Enel dovrà “progettare uno studio epidemiologico a coorte storica in collaborazione della Asl territoriale”, da realizzare entro uno o due anni dall’entrata in esercizio della “nuova” centrale e da aggiornare a distanza di cinque anni “per vedere le differenze nell’insorgenza di patologia latenza inferiore a 5 anni correlate alla nuova tecnologia”.

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