Vergine (Università Lum): «Su Carovigno sentenza penale ignorata, grave vulnus la proroga ai commissari»

Vergine (Università Lum): «Su Carovigno sentenza penale ignorata, grave vulnus la proroga ai commissari»
di Danilo SANTORO
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Domenica 26 Giugno 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:15

BRINDISI - Valutazioni opposte. Sentenze di assoluzione insufficienti. A prevalere è una misura di natura preventiva anche di fronte ad un intervento di un giudice penale. Il fronte trasversale per una revisione dell’articolo 143 del testo unico degli enti locali, che dispone lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose, si amplia sempre più. Anche lo stesso governatore della Puglia, ex magistrato Michele Emiliano, ne ha chiesto una modifica. Una circostanza non più casuale, ma legata a quelle che sono le divergenze nella valutazione dal punto di vista amministrativo e penale. Quanto avvenuto nei giorni scorsi a Carovigno raccorda quelle che sono gli approcci diametralmente differenti nelle decisioni: qui dopo che due ex amministratori, il sindaco Massimo Lanzilotti ed il presidente del consiglio comunale Francesco Leoci, sono stati assolti con formula piena dalle accuse di associazione esterna di stampo mafioso e ritenuti anche candidabili dal tribunale civile, è stata richiesta ed ottenuta una proroga di altri sei mesi per la gestione commissariale, che resterà in carica fino al 2023. In provincia di Brindisi dal 23 dicembre scorso anche il comune di Ostuni è sciolto per infiltrazione mafiosa. 
«Non conosco nello specifico il caso Carovigno, anche per la proroga, ma è evidente che c’è una contraddizione. Se vi sono elementi gravi che possano portare al commissariamento sono esattamente elementi valutati dal giudice penale. Nel momento in cui il giudice penale con poteri di accertamenti, più penetranti di un Tar o di un organo amministrativo stabilisce che il fatto non sussiste, credo che vada fatta una riflessione tanto sulla proroga, ma anche sul funzionamento dello scioglimento. C’è una sfasatura non di poco conto tra l’accertamento penale e l’iter amministrativo». E’ quanto afferma Francesco Vergine, ordinario di diritto processuale penale e direttore del dipartimento di scienze giuridiche e dell’impresa dell’Università Lum. 

L'analisi

«Una riflessione va fatta perché lo scioglimento va a toccare l’esercizio di diritto costituzionale dei cittadini, perché si privano quest’ultimi del loro diritto di essere rappresentati da persone democraticamente elette. L’elettorato – spiega Vergine -ha manifestato il suo desiderio con l’applicazione di principi democratici». Lo stesso professionista aggiunge: «Nel momento in cui la causa dello scioglimento viene ritenuta storicamente inesistente da un giudice penale, il cui rito consente di accertare il fatto in maniera certamente compiuta, non si può dar maggiore considerazione all’iter di scioglimento dove non c’è un contraddittorio. Il tutto è pervaso dal segreto più totale». Il riferimento è anche al ruolo della commissione d’accesso ispettiva, fase preliminare per la stesura di un dossier. Documentazione in cui rientrano gli accertamenti di natura amministrativa acquisiti in tre o sei mesi sulle attività del Comune oggetto d’indagine, condivisi con le prefetture ed inviati al Ministero dell’Interno per le disposizioni finali.
«A me è successo con il sindaco di Scorrano, che ho difeso. Comune sciolto, sindaco assolto, con la formula fatto non sussiste.

Le ragioni che hanno indotto allo scioglimento sono state ritenute inesistenti nella sede penale. Il problema è che non ci si può difendere davanti alla commissione d’accesso. Posso difendermi ex post davanti al Tar, dove non si assumono, però prove e si valutano i ragionamenti fatti dalla commissione. Mentre nel giudizio penale – afferma Francesco Vergine- ti confronti nel contraddittorio sulle prove che si formano davanti al giudice, nell’iter amministrativo no. Sono le diverse modalità di accertamento che portano a risultati differenti». Lo stesso professionista poi pone l’accento su un’altra questione. «Anche sull’avvio di un procedimento basandosi su interdittive antimafia (come è avvenuto ad Ostuni ndr) necessità di una riflessione, sempre tenendo in considerazione il fatto che si sta intervenendo su una volontà popolare. Certamente l’interdittiva antimafia non è poca cosa, ma si va a colpire un’azienda. Però, nel momento in cui si utilizza un’interdittiva per sciogliere un comune – conclude l’illustre accademico- stai colpendo il potere del popolo di indicare i propri rappresentanti».

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