L'ingegnere albanese con la passione per la politica: «Brindisi è stata la conquista della libertà»

L'ingegnere albanese con la passione per la politica: «Brindisi è stata la conquista della libertà»
di Roberta Grassi
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Giovedì 4 Marzo 2021, 14:48

BRINDISI - «Avevo 27 anni e sapevo che non ci avrebbero mai rispediti indietro. In quel pomeriggio del 7 marzo, si compì il miracolo. Brindisi per noi è stata la conquista della libertà». Anton Pashuku oggi è un affermato ingegnere meccanico, vive a Carovigno. Ha sposato una pugliese, ha due figli e si è candidato tre volte alle elezioni amministrative: «Per dare il mio contributo, al servizio della gente che mi ha accolto». Dal lungo viaggio attraverso il mare Adriatico, poche miglia che sembrarono interminabili con le onde alte e il maltempo, sono passati trent’anni. Era il 1991: «Sono arrivato a bordo di un peschereccio che poteva ospitare al massimo un centinaio di persone, siamo partiti da un porto nel nord dell’Albania, c’erano sei o sette imbarcazioni in fila, strapiene di ragazzi albanesi».
Giunsero a Brindisi dopo ore di navigazione: “Mi sentivo come su un guscio di noce, in balia della tempesta. Ho visto la morte in faccia”. Ma la sua vicenda come le tante, simili, che si sono verificate in quei giorni è segnata dal lieto fine. E’ una narrazione positiva, la dimostrazione di quanto i flussi migratori possano rivelarsi una risorsa per le popolazioni che aprono le porte, spalancano le braccia a chi si trova in difficoltà. «Ho studiato in Albania – spiega - ho dovuto chiedere la convalida di alcuni esami e mi sono laureato in ingegneria meccanica, a Bari. Oggi lavoro per una azienda del territorio e sono orgoglioso di poter dire che stiamo lavorando su prodotti innovativi, progetti che esporteremo in tutt’Europa. È una grande soddisfazione, se penso al barcone. A quello che è stato». Anton si sente italiano, pur senza aver mai abbandonato il legame con la propria terra d’origine, con le sue radici. È nato a Scutari, al confine con il Montenegro, a 14 chilometri dal mare: “Ho ricordi meravigliosi: i fiumi, le montagne, la natura molto coinvolgente”. Abita oggi a Carovigno, con la sua famiglia: ci è arrivato due giorni dopo l’approdo. «Alle 16 del 7 marzo del 1991 sono partito. La situazione meteo sembrava favorevole, non c’era un filo di vento. Dopo un’ora non si vedeva più la terra. Ci eravamo allontanati parecchio. Poi le onde, enormi. Ho visto la morte in faccia. Il viaggio è durato 17 ore. Ci siamo avvicinati alla riva, ci hanno fatto scendere. Il sogno di una vita libera si stava avverando. Il resto della nostra esistenza lo abbiamo trascorso cercando di dare il nostro contributo». L’ingegnere albanese ha sempre lavorato, sin dal primo giorno in Italia. Più di recente ha deciso di investire nel turismo, con una struttura ricettiva. A lui è stato assegnato il riconoscimento di “carovignese dell’anno” nel 2018, con tanto di foto ricordo.
«Non sono mai tornato a vivere in Albania, se non per turismo. Ormai mi sento brindisino». Si è candidato alle elezioni amministrative di Carovigno, con il desiderio di dare un contributo: «Lo rifarò tutte le volte che sarà possibile, finché ne avrò la forza. Voglio ripagare un debito nei confronti della cittadinanza di Carovigno. Forse è un debito di natura più psicologica, che di altro tipo. Abbiamo ricevuto un’ospitalità senza precedenti. Oggi sono davvero contento di fare parte di questa grande famiglia pugliese. Se dovessi descrivere il popolo brindisino, la terra che è diventata casa mia, la definirei un vivaio di libertà. Quello che accadde allora è irripetibile, e quello che accade ancora oggi tra i due popoli è l’esempio di un elevato grado di convivenza pacifica e sociale».
Due i figli: una ragazza laureata in Chimica e tecnologie farmaceutiche, l’altro studente di ingegneria meccanica sulle orme del papà: «Sono nato in una famiglia in cui mancava il pane, ma non lo studio.

Mio padre lo diceva sempre: il mondo sarà nelle mani di chi studia. Non ci credevo, ma poi l’ho potuto constatare con i miei occhi. È così».

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