Assenteismo, accusati di essere furbetti del cartellino ricorrono al Riesame: «Vogliamo tornare al lavoro»

Assenteismo, accusati di essere furbetti del cartellino ricorrono al Riesame: «Vogliamo tornare al lavoro»
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 8 Gennaio 2020, 12:30
Tutti (o quasi) al Riesame, a partire dal 17 gennaio prossimo per chiedere di poter tornare a lavorare. Tutti in stand by anche in virtù di una decisione amministrativa della Regione, un atto dovuto che è presagio tuttavia di possibili procedimenti disciplinari.
I 28 dipendenti dell'ente Puglia che prestavano servizio negli uffici di Brindisi e che sono accusati di essere furbetti del cartellino sono ancora a casa, sulla base delle misure interdittive di sospensione dal servizio (dai 4 ai 10 mesi) disposte poco prima di Natale dal gip Vittorio Testi su richiesta del procuratore aggiunto Antonio Negro.

Tutti hanno affrontato l'interrogatorio di garanzia, molti hanno deciso di contestare la sospensione con un appello al Tribunale del Riesame che potrà decidere quindi se confermarla (esprimendosi tanto sulle esigenze cautelari quanto sui gravi indizi) o se invece annullarla. Il gip, nel disporla, ha parlato di deprecabile sistematicità.
Le indagini è scritto nei provvedimenti hanno accertato che numerosi dipendenti della sede di Brindisi della Regione Puglia non inquadrati con la qualifica di dirigente e pertanto tenuti all'utilizzo del badge elettronico per attestare gli accessi e gli allontanamenti dal luogo di lavoro, in alcune occasioni si sono allontanati dal posto di lavoro senza utilizzare il badge dopo avere regolarmente attestato l'entrata al mattino, hanno ritardato l'ingresso in ufficio dopo aver attestato formalmente l'ingresso utilizzando il badge personale, hanno attestato la presenza in ufficio di altri colleghi utilizzando il relativo badge personale.

Secondo il giudice: Gli allontanamenti non registrati erano funzionali, in alcuni casi, a fare la cosiddetta pausa caffè senza registrare l'assenza dal luogo di lavoro, così da non dover poi recuperare il tempo non impiegato in attività lavorativa, in altri casi erano finalizzate al disbrigo di incombenze personali di varia natura come acquisiti in centri commerciali, passeggiate a scopo ricreativo.
In tutto sono 31 gli indagati, ognuno di essi ha una posizione differente tanto quanto sono diversi i periodi che, secondo l'accusa, avrebbero sottratto alla pubblica amministrazione per assentarsi ingiustificatamente dal posto di lavoro.

Il procuratore aggiunto Antonio Negro ha anche notificato a tutti gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari. Gli avvisi contengono un lungo elenco di accuse di assenteismo, tutte identiche se non fosse per i numero di ore sottratte secondo gli inquirenti alla pubblica amministrazione e all'ammontare del danno che sarebbe stato arrecato. In alcuni casi si tratta di periodi brevissimi e di compensi ritenuti non dovuti per poche centinaia di euro. In altri casi invece il conto è più cospicuo: raggiunge anche i 3mila euro (circa) in somme pagate per ore lavorate, ma indebitamente erogate. Alle persone sospese sono stati sequestrati importi sui conti correnti per un totale di 35mila euro.

Le ipotesi di reato contestate sono a vario titolo di truffa aggravata ai danni dello Stato, falso e violazione della normativa specifica la cosiddetta legge Brunetta sull'utilizzo dei badge per entrare e uscire dall'ufficio.
L'inchiesta risale al 2018 ed è partita da un esposto anonimo. Negli uffici sono state installate telecamere da parte degli investigatori. Gli indagati sono difesi fra gli altri dagli avvocati Mario Guagliani, Roberto Cavalera, Fabio Di Bello, Cinzia Cavallo e Danilo Di Serio, Riccardo Mele, Serena Tucci e Massimo Manfreda.
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