Violenza in ospedale a Brindisi: «Medici vittime di caccia all'uomo»

L'ospedale Perrino di Brindisi
L'ospedale Perrino di Brindisi
di Lucia PEZZUTO
5 Minuti di Lettura
Martedì 1 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 14:22

Aggressione nel pronto soccorso, i sindacati e l’Ordine dei medici chiedono maggiore tutela per i sanitari impegnati in ospedale. L’ultima aggressione verificatesi ai danni di un medico del pronto soccorso dell’ospedale Perrino riaccende i fari sulle condizioni in cui operano i sanitari brindisini. Da più parti arriva la dura condanna per quanto accaduto domenica scorsa quando i famigliari di una donna di 52 anni, deceduta dopo l’ingresso nel nosocomio, hanno aggredito uno dei medici di turno.

L'Ordine dei medici

Il brutto episodio, seppur nella tragedia di una famiglia, è stato stigmatizzato in primis dall’Ordine dei medici della provincia di Brindisi che per voce del suo presidente, Arturo Oliva, ha dichiarato: «Pur comprendendo l’amarezza e la sofferenza di chi ha subito un grave lutto familiare, non è accettabile che proprio l’operatore sanitario che si è prodigato nell’assistenza del paziente, debba essere oggetto delle rimostranze, della rabbia, della violenza verbale e fisica che condanniamo senza mezzi termini». L’Ordine ha, dunque, invitato le istituzioni ad intervenire affinché «consentano agli operatori sanitari di svolgere il loro difficile ed impegnativo ruolo in condizioni di sicurezza».

Il Nursind

Anche il Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, difende l’operato dei sanitari considerando simili episodi come una minaccia alla fiducia che dovrebbe sostenere il rapporto tra medico e paziente. «Quando un professionista viene aggredito - dice il sindacato - indirettamente vengono attaccati anche gli altri cittadini curati da lui perché viene ad infrangersi il rapporto di fiducia che deve necessariamente instaurarsi nella relazione assistenziale operatore sanitario/cittadino».

Il Nursind, per questo motivo, è intenzionato ad intraprendere una campagna permanente nei confronti dei cittadini e delle istituzioni per far comprendere che «l’aggressione non è la soluzione», incoraggiando il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi, facilitando il coordinamento con le forze di polizia o altri soggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie atte ad eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari».

La Uil Fpl

Purtroppo quanto accaduto nel pronto soccorso del Perrino non è un episodio isolato. La stessa Uil Fpl ha più volte segnalato queste situazioni puntando il dito contro la direzione della Asl. «Già mesi fa questa organizzazione sindacale aveva segnalato preoccupatissima l’atteggiamento della comunità Brindisini nei confronti del personale che, nonostante e apparentemente si sviluppava sui social, lasciava intravedere - dice Gianluca Facecchia, segretario della Uil Fpl - gravi attacchi, come poi si è verificato. Siamo costretti a prendere atto del livello di considerazione alquanto rancoroso che ha l’utenza nei confronti della sanità brindisina, dove i responsabili non sono da ricercare assolutamente nei medici e infermieri abbandonati in prima linea. Mentre i dipendenti vengono lasciati completamente allo sbando, vittime di una caccia all’uomo e si salvi chi può, vi è la classe dirigente Asl, continuamente in completa autonomia, in maniera unilaterale, con la collaborazione di alcune sigle sindacali, gestiscono il locale Pronto Soccorso in una maniera dissociata dalla realtà».
Non solo. Il sindacato chiede anche l’apertura continuativa del posto fisso di polizia. «Inoltre ci chiediamo perché - conclude Facecchia - il posto fisso di polizia sia aperto solo dal lunedì al sabato in orari diurni e non vi sia un sistema di allertamento immediato alla centrale operativa 112. I detenuti della locale casa circondariale e che, per le carenze e inefficienze ormai note a tutti, invia quotidianamente, non hanno percorsi dedicati, isolati e sicuri». Alla luce di questo il sindacato chiede di predisporre un presidio h24 presso il pronto soccorso del Perrino o in alternativa richiedere in supporto l’invio dell’esercito.

I parenti della vittima

«Come è morta mia zia? Perché hanno detto che aveva il Covid? Mia zia non era positiva al Covid e non lo sono neppure il marito e i suoi figli». A dichiararlo è la nipote della donna morta nel pronto soccorso dell’ospedale Perrino domenica scorsa dove i suoi famigliari hanno aggredito il medico di turno. «Io non so cosa sia successo. Non c’ero e non posso saperlo. Noi vorremmo sapere cosa solo come è morta la zia - dice la nipote riferendosi all'aggressione in ospedale - e perchè la Asl insiste nel dire che è stato il Covid se il tampone fatto dai dottori era negativo. Quando è entrata in pronto soccorso l’hanno refertata come ischemia. Mia zia aveva la pressione molto alta. Ma non solo, il Covid lo aveva già avuto ed era guarita». Effettivamente sul profilo facebook della donna vi sono diversi post pubblicati nei giorni scorsi dove la 52enne racconta il suo stato di salute. La donna la scorsa settimana diceva di essersi contagiata nonostante si fosse sottoposta a tre vaccinazioni anti Covid ma tre giorni fa, sempre su fb, scriveva di essere finalmente negativa. «La famiglia - dice Stefania - vuole anche smentire che mio zio e i suoi figli sono positivi al virus. Si è sparsa la voce che sono tutti ricoverati in ospedale per il Covid. È falso, sono al funerale con me. E poi non è vero quello che hanno scritto sul certificato che abbiamo consegnato alle pompe funebri: morta per Covid». Insomma i parenti della donna non sono sicuri di ciò che è accaduto alla congiunta e vorrebbero vederci chiaro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA