«Abbiamo dimenticato le tradizioni Ma siamo in tempo per recuperarle»

«Abbiamo dimenticato le tradizioni Ma siamo in tempo per recuperarle»
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Domenica 23 Settembre 2018, 19:52
Si è messo a disposizione dell'amministrazione, il titolare delle Tenute Rubino e presidente del consorzio Puglia Best Wine Luigi Rubino, per contribuire a dare vita ad un progetto di orti e di vigne urbane. La sua convinzione, infatti, è quella che Brindisi abbia bisogno di recuperare quella parte importante della sua identità che è legata proprio ai campi ed in particolare, ma non esclusivamente, alla vite. Un progetto che parte da un'idea differente di turismo ma che vuole fare leva anche sulla vite come segno paesaggistico caratterizzante e sull'occasione, perché no, di insegnare anche un mestiere a chi, un domani, potrebbe diventare un imprenditore proprio nel settore del vino.
Come è nata l'idea del progetto per le vigne urbane?
«L'idea mi è stata prospettata dall'amministrazione ed in particolare dall'assessore Covolo (Programmazione economica, ndr), che si confrontava in quell'occasione anche con l'assessore Pinto (Attività produttive, ndr). Il giorno in cui li ho incontrati, tra l'altro, avevamo parlato anche di orti urbani, oltre che di vigne. L'idea è comunque quella di utilizzare spazi in stato di abbandono e degrado e restituire loro una dignità. Brindisi ha una vocazione agricola che negli anni si è andata perdendo. Per questo quello che l'amministrazione mi ha prospettato ritengo possa essere interessante. Ma la cosa va affrontata più in profondità, perché ci sono da superare alcuni problemi di tipo autorizzativo per l'impianto delle vigne. Questioni di cui abbiamo solo accennato, per ora».
L'idea è, alla fine del percorso, quella di produrre ed imbottigliare un vino?
«L'idea è quella, naturalmente, però non siamo ancora arrivati così nel dettaglio. In relazione alla vite, infatti, sul territorio europeo non si può impiantare vite da vino senza autorizzazione. Si tratta di un mercato che l'Unione europea tiene sotto controllo, quindi bisogna superare alcuni problemi burocratici».
Ma la cosa è realmente fattibile?
«Io mi sono messo a disposizione dell'amministrazione, nell'interesse della città di Brindisi. Ritengo che ci siano tutte le condizioni, infatti, per caratterizzare la nostra città con una serie di segnali, di elementi paesaggistici che ricordano che Brindisi è una terra di grandi vini e di grande agricoltura. Tutto questo, probabilmente, negli ultimi cinquanta o sessant'anni lo abbiamo dimenticato. Ma siamo ancora in tempo per recuperare le tradizioni e reinterpretare in senso moderno il concetto di vino, per cercare di tirare fuori la vera identità della città, che è legata alle vigne ed agli orti, oltre che naturalmente al mare».
Quanto tempo ci vorrà, secondo lei, per riuscire a realizzare il progetto?
«Stiamo parlando di cose che, se l'amministrazione ritiene, si sviluppano nel corso degli anni. Ma dobbiamo approfondire insieme».
La convince l'idea di utilizzare l'agricoltura ed i prodotti tradizionali per offrire un turismo diverso e magari finalmente destagionalizzato?
«Assolutamente sì, considerando che il periodo legato alla stagione balneare è molto limitato nel corso dell'anno. Invece, nel momento in cui si va a puntare anche sulla valorizzazione di questi prodotti, che hanno reso importante il nostro territorio, si può pensare di attrarre un turista anche un poco diverso, che ama questo tipo di attività a potrebbe venire nel nostro territorio per un periodo più esteso rispetto ai due o tre mesi della stagione estiva. Esattamente come succede in molte altre aree che hanno sviluppato il turismo del vino, in Italia e nel mondo. In Toscana, a Montalcino, in Chianti, in Trentino, i turisti non ci sono solo a ferragosto. E vengono attratti dalle bellezza del paesaggio e del territorio, che viene curato con attenzione dalla parte pubblica e da quella privata, che si mettono insieme per rendere paesaggisticamente armonioso il panorama agricolo».
Lei crede che questo risultato si possa ottenere anche qui?
«E perché no? Qui abbiamo già un bellissimo territorio e un'agricoltura importante. Se riuscissimo, attraverso questo progetto, anche a trasmettere saperi e conoscenze alle nuove generazioni, che possono appassionarsi a questo settore facendo nascere tanti altri imprenditori che fanno questo tipo di attività sarebbe bellissimo. Anche perché più ce n'è e meglio è. L'importante è che si lavori all'insegna della valorizzazione del territorio e della qualità del prodotto. Il resto lo fa il mercato».
F.R.P.
 
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