Quattro persone sotto inchiesta per il suicidio di un'adolescente leccese in una comunità

Quattro persone sotto inchiesta per il suicidio di un'adolescente leccese in una comunità
Quattro persone sotto inchiesta per il suicidio di un'adolescente leccese in una comunità
di Matteo Caione
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Mercoledì 21 Aprile 2021, 20:02 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 08:34

Morì suicida a soli 16 anni all’interno di una comunità di Andria. Per la tragica fine della ragazza, un’adolescente di Lecce, sono quattro le persone finite sotto inchiesta con l’accusa di omicidio colposo in concorso e per aver cagionato la morte della 16enne con la loro omessa vigilanza.

Tutti e quattro, responsabile e dipendenti del centro residenziale e terapeutico per il trattamento dei disturbi psichici gravi che accoglieva la ragazza, hanno ricevuto l’informazione di garanzia con il contestuale avviso di conclusione delle indagini: un atto firmato dal pm della procura di Trani, Giovanni Lucio Vaira, titolare del fascicolo. 

I fatti risalenti al 2019

 

Sono indagati il responsabile della struttura, un educatore professionale, una infermiera e un operatore sociosanitario. Si tratta del personale che era in servizio il 18 giugno 2019, il giorno in cui la ragazza si tolse la vita impiccandosi con una cintura alla grata della sua stanza.

Ai quattro, che avevano l’obbligo giuridico di prevenire ed evitare qualsiasi evento rischioso per la minore, viene contestato di non aver sottratto la cintura alla ragazza e di averle consentito di ritirarsi in camera da sola. L’inchiesta è stata innescata dall’esposto presentato dai genitori della 16enne attraverso l’avvocato Massimo Bellini.

Un dramma che si intreccia con una storia buia, una vicenda descritta con l’inchiostro più nero dalla carte della Procura dei minorenni di Lecce.

La ragazza morta poi suicida era stata filmata nel corso di un rapporto a tre, avvenuto nel marzo del 2017, con il fidanzato e un suo amico, anche loro minori, finiti poi sotto processo. I due hanno chiesto e ottenuto la messa in prova ai servizi sociali.

Quel video fece il giro degli smartphone, aggravando le già precarie condizioni psicologiche dell’adolescente che stava attraversando un periodo di grande fragilità. L’inchiesta non ha stabilito un nesso diretto tra la diffusione del filmato e il suicidio. Ma quelle immagini rappresentarono l’ulteriore macigno, forse quello più pesante e insostenibile, caduto sulle spalle della vittima. E che finì per rendere ancora più travagliati i periodi di depressione che attanagliavano la sfortunata ragazza.

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