Raffaele Diomede premiato Cavaliere della Repubblica. L'operatore: «C'è un mondo alternativo alla strada»

Raffaele Diomede premiato Cavaliere della Repubblica. L'operatore: «C'è un mondo alternativo alla strada»
di Daniele UVA
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Venerdì 9 Dicembre 2022, 07:43 - Ultimo aggiornamento: 12:38

Aiutare i minori autori di reato a trovare una strada diversa, lontana dalla criminalità, dai clan e dalla violenza. È la missione di Raffaele Diomede, insignito dell'onorificenza di Cavaliere della Repubblica italiana per il suo lavoro di educatore. Un riconoscimento importante, «che dedico a tutta la mia categoria», dice.
Come è andata questa giornata così speciale?
«La cerimonia si è svolta a Bari, in Prefettura, alla presenza di diverse autorità. In via eccezionale domenica si svolgerà una manifestazione aperta al territorio, come voluto dal prefetto che ha voluto inviare tutti i ragazzi che in questi anni sono stati seguiti da me e dall'equipe della comunità Chiccolino, un servizio del Comune, gestito dalla da cooperativa Occupazione e solidarietà di cui sono dipendente. Sotto il mio coordinamento la comunità si è presa cura dei minori autori di reato di Bari e provincia».
Quanti ragazzi avete seguito?
«Chiccolino è stata attiva dal 2012 al 2021 e ha seguito oltre 200 minori che nel 90 per cento dei casi non hanno commesso più recidiva. Tutti i ragazzi che abbiamo seguito con psicologi e assistenti sociali hanno scelto di beneficiare della messa alla prova, un riconoscimento del procedimento penale minorile, che rappresenta un'alternativa alla condanna. Offrendo l'opportunità, per un periodo di tempo che decide il giudice, di essere seguiti da educatori professionisti in progetti che vanno da attività di volontariato sociale ad attività che riguardano la ripresa degli studi, l'avvio di attività di tirocinio formativo o l'avviamento allo sport».
Qual è il vantaggio della messa alla prova?
«I ragazzi possono dimostrare di essere altro dal reato che hanno commesso. I giovani scoprono che esiste un mondo alternativo a quello della strada e della delinquenza o dei clan. Conoscono un'altra realtà possibile. Alla fine della prova, se il progetto ha funzionato e il minore si è impegnato, viene estinto il reato. Non rimane traccia del reato nel futuro e questa è una grande opportunità».
Si tratta di una legge importante...
«Sì, la giustizia minorile italiana su questo è all'avanguardia. Questa norma esiste dal 1988 e permette l'estinzione del reato. In altri Stati la messa alla prova si sta sperimentando solo adesso».
Che lavoro svolge con i minori per aiutarli a superare il loro passato?
«Spesso i ragazzi quando commettono un reato vivono una sconfitta personale, perché si rendono conto di quello che hanno fatto e ritengono di non essere più adeguati o accettati nel loro contesto sociale. Hanno paura di essere etichettati. Il primo lavoro che faccio con loro è dimostrare che sono anche altro, sviluppando i loro aspetti positivi e i talenti che già hanno in se stessi. Per far sì che poi tutte le associazioni e cittadini possano accogliere questi ragazzi».
Di qui il suo riconoscimento...
«Il Presidente della Repubblica ha tenuto in considerazione il lavoro di questi anni. È un premio che ricevo io, ma sento di rappresentare un'intera professione di educatori che lavorano sempre nel silenzio. Non ho fatto nulla di eroico, ma aver tolto ragazzini dal mondo della criminalità forse in questo momento è particolarmente importante».
Ha altri progetti in cantiere?
«Altri percorsi che ho portato avanti in maniera sperimentale sono stati quelli di giustizia riparativa. Prevedono di ristorare la società o le vittime indirette dei reati. Ho cercato sempre di fare incontrare i ragazzi con le vittime indirette, cioè vittime di altri di altri autori che hanno subito lo stesso reato. Queste persone hanno incontrato i ragazzi che ho seguito, raccontando la loro esperienza di dolore e la loro paura. Questo sviluppa empatia, i minori capiscono le conseguenze delle loro azioni e così imparano a perdonare se stessi e a farsi perdonare».
 

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