Bruna Bovino, emergono dettagli sull'omicidio dell'estetista: «Lottò prima di subire quei brutali colpi»

Bruna Bovino, emergono dettagli sull'omicidio dell'estetista: «Lottò prima di subire quei brutali colpi»
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Martedì 5 Aprile 2022, 15:14 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 17:20

Emergono ulteriori e drammatici dettagli sull'omicidio di Bruna Bovino, l'estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari nove anni fa. È un passaggio delle motivazioni in base alle quali la Corte di Assise di Appello di Bari ha condannato alla pena di 26 anni e 6 mesi di reclusione il 42enne Antonio Colamonico, imputato per l'omicidio della ex, a chiarire le dinamiche: «Aveva subito un'aggressione nel corso della quale aveva lottato prima di subire quei brutali colpi al volto» e «quando fu atterrata e sovrastata dall'assassino, non potè più muovere le braccia e difendersi dai colpi che le venivano inferti, riusciva però a muovere il capo e le mani, assai verosimilmente in maniera convulsa, nell'istintivo e disperato, ma altresì vano, tentativo di sottrarsi ai colpi che il suo assassino continuava a infliggere».

Il processo e le varie fasi

In primo grado, nel luglio 2015, Colamonico era stato condannato a 25 anni di reclusione. In appello, nel novembre 2018, era stato assolto e il 20 settembre scorso, dopo l'annullamento con rinvio da parte della Cassazione, un nuovo collegio della Corte di Assise di Appello ha ribaltato nuovamente la sentenza dichiarandolo colpevole di omicidio volontario e incendio doloso.

I giudici, nel negare le attenuanti generiche, evidenziano che «l'imputato non ha mai manifestato segni di resipiscenza e ha reiteratamente fatto dichiarazioni mendaci».

Nelle motivazioni si analizza l'esito degli accertamenti tecnici, come quelli sulle lesioni sulle mani di Colamonico, «neppure lontanamente compatibili con l'azione di autolesionismo - scrivono - simulata la sera stessa dell'omicidio» e «invece compatibili con l'aggressione»: le «graffiature e unghiature connesse al tentativo della Bovino di difendersi nel corso dell'aggressione» e le «ustioni durante l'appiccamento del fuoco» per occultare le prove del delitto. I capelli rossi trovati tra le dita della vittima, poi, secondo i giudici «è una congettura che appartenessero» ad una terza persona, ad un «aggressore verosimilmente di sesso femminile», mentre è più probabile che le mani della vittima durante l'aggressione «restarono impigliate nei capelli che si intinsero di sostanza ematica» e quando, «già sanguinante, si ritrovò le mani dell'assassino intorno al collo, verosimilmente tentò di afferrare le mani del suo aggressore nel tentativo di difendersi».

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