Infanzia, a Bari un'equipe assiste i bambini “orfani speciali”

Infanzia, a Bari un'equipe assiste i bambini “orfani speciali”
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Lunedì 28 Marzo 2022, 16:48 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 16:58

Un'iniziativa speciale calibrata per quei ragazzi sfortunati costretti a vivere tragedie famigliari. Un «pronto soccorso psicologico mobile» è stato ideato dal Policlinico di Bari per la cura dei minorenni che hanno perso un genitore per mano dell'altro, perché suicida o perché portati in carcere. Sono già 12 gli "orfani speciali", privati di entrambi i genitori, presi in carico. E adesso il progetto sperimentale cresce e si trasforma.

Come funziona

Il pronto soccorso mobile è composto da specialisti che per primi intervengono sul luogo del crimine domestico per aiutare a comunicare al bambino la notizia della morte o dell'arresto del genitore.

Subito dopo c'è la presa in carico del piccolo orfano per il ripristino della routine nella nuova famiglia affidataria e del rientro a scuola con i compagni di classe. Al termine dell'emergenza inizia il lungo percorso psicoterapeutico di assistenza sia del minore sia dei caregivers.

A stabilire le linee di azione del progetto che ha durata quinquennale è un protocollo validato dagli psicologi. Il progetto è stato ribattezzato Respiro che sta per «Rete di sostegno per percorsi di inclusione e resilienza con gli orfani speciali». L'unità operativa di Psicologia dell'ospedale Giovanni XXIII di Bari ha preso in carico 10 minori dei 12 presenti in tutta la regione.

«In questi anni abbiamo seguito molti casi di orfani speciali, siamo intervenuti sin dai primissimi momenti e abbiamo partecipato attraverso il Pronto Soccorso Psicologico Mobile a tutte le fasi più critiche dei bambini, abbiamo dato il nostro contributo successivamente al reinserimento al riadattamento dei minori in un nuovo contesto di vita fatto di altri caregiver e di un ritorno a scuola, coinvolgendo anche i bambini delle classi frequentate dai piccoli orfani speciali. C’è stata la presa in carico terapeutica che, in molti casi, ha visto anche un lavoro di supporto ai cargiver. Il progetto Respiro oggi ci consente di dare ulteriore slancio a quanto fatto in questi anni: il Protocollo Giada è stato preso a modello in una progettazione più ampia con vari partner, avremo la possibilità di potenziare questo modello ed estenderlo ad altri contesti regionali» spiega Michele Pellegrini, psicologo dell’ospedale Giovanni XXIII e responsabile aziendale del progetto Respiro.

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