Videolottery a Bari e provincia, la gestione grazie ad accordi con i clan mafiosi della città per «compiere atti di concorrenza sleale imponendo una posizione dominante nel mercato dei videopoker», attraverso «la minaccia e l'assoggettamento omertoso». La Corte di Appello di Bari ha confermato 18 condanne, riducendo in parte le pene inflitte, per altrettanti imputati nel processo "Gaming machine", accusati a vario titolo di illecita concorrenza con violenza e minaccia e con l'aggravante del metodo mafioso, estorsione, riciclaggio, usura, contrabbando di sigarette e detenzione abusiva di armi clandestine.
I fatti contestati risalgono agli anni 2012-2019
Stando alle indagini di Gico e Scico della Guardia di Finanza di Bari, coordinate dal procuratore Roberto Rossi e dalla pm della Dda Bruna Manganelli, l'imprenditore barese Baldassarre D'Ambrogio (già condannato in primo grado con rito abbreviato a 7 anni e 8 mesi di reclusione), socio di fatto di società e sale giochi, usufruendo della fama criminale dello zio pregiudicato Nicola D'Ambrogio, tra i reggenti del clan Strisciuglio (per lui pena ridotta da 6 a 4 anni di reclusione), avrebbe gestito per anni in modo quasi monopolistico il mercato delle videolottery.